Venivano attirati in Italia con la promessa di un lavoro regolare: bastava pagare 350 euro. Dopo il lungo viaggio in autobus dalla Moldavia, per decine di giovani il sogno di un’occupazione legale si trasformava in incubo: le donne mandate a fare le colf e le badanti in nero; gli uomini spediti nei campi come braccianti agricoli, sotto la copertura di una inesistente associazione umanitaria. Chiuse le indagini durate tre anni, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza di misura cautelare, su richiesta della procura capitolina, nei confronti di cinque persone, due italiani e tre moldavi, accusate di aver costituito un’associazione a delinquere dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento di manodopera straniera.
I FATTI
Era il settembre del 2018 quando una ragazza moldava si presentò agli agenti del IX distretto Esposizione denunciando di aver subito molestie sessuali da parte di un uomo presso il quale lavorava come badante.
LA FRODE
La polizia ha così scoperto numerosi ingressi sul territorio nazionale di stranieri che, nonostante fossero muniti di un visto turistico valido tre mesi, venivano avviati al lavoro sotto la copertura di un contratto alla pari. Tre anni di investigazioni in collaborazione con la squadra mobile capitolina hanno portato a scoprire il vertice dell’organizzazione, un uomo di 74 anni italiano che si serviva di almeno 14 intermediari di manodopera straniera. L’associazione era ben strutturata e, come la giovane denunciante, tante altre persone erano riuscite ad arrivare nel Belpaese dopo il reclutamento attraverso il sito web moldavo.
Per tutti c’era da affrontare il viaggio in pullman, il pagamento di 350 euro, l’iscrizione alla fantomatica associazione umanitaria, l’attesa di qualche giorno e infine il trasferimento in diverse regioni d’Italia: il Lazio, ma anche la Campania, la Calabria e la Sicilia dove più forte era la richiesta di manodopera agricola a basso prezzo, o la Lombardia dove reclutavano colf e badanti. Una volta avviati al lavoro, i giovani stranieri potevano contare sulla copertura dell’associazione criminale per la permanenza illegale sul territorio nazionale. Niente documenti, niente permesso di soggiorno, nessun diritto. Alla chiusura delle indagini, delineati i contorni dell’organizzazione, la Procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal gip, gli arresti domiciliari per tre persone, tra cui il 74enne al vertice del sodalizio, l’obbligo di dimora a Roma e l’obbligo di firma per gli altri due coinvolti.