Diabolik, lo sgarro al boss Gallace pochi giorni prima di essere ucciso

Piscitelli intervenne per difendere il socio ma il caso era già stato risolto da Gallace. I calabresi al capo ultrà: «C’hai la sorveglianza non puoi andà in un posto a fa’ tutto sto casino»

Venerdì 18 Febbraio 2022 di Camilla Mozzetti
Diabolik, lo sgarro al boss Gallace pochi giorni prima di essere ucciso

«Bisogna parlarci un attimo perché tu non è che puoi rompe le scatole così eh! E in più coinvolgi altre persone...».

L’11 luglio del 2019 Bruno Gallace è infastidito. Non ama che qualcuno venga a ficcare il naso nelle sue cose, soprattutto se queste cose sono in realtà dei problemi creati impropriamente dai suoi “protetti” e soprattutto se quelle presenze, arrivate a sorpresa e senza titolo alcuno, possono “increspare” la calma del territorio controllato. Gallace che insieme a Giacomo Madaffari e Davide Perronace, come ha dimostrato l’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci, è a capo della cosiddetta “società maggiore”, ovvero non una ‘ndrina in trasferta nel basso Lazio ma la ‘ndrangheta vera, quella di Santa Cristina d’Aspromonte, radicata ad Anzio e Nettuno non ha digerito l’intromissione di Fabrizio Piscitelli in una questione considerata risolta.

LA VICENDA

La vicenda riguarda un suo “protetto”, che gestisce ad Anzio un locale per ricevimenti. Qualcuno, nel luglio di due anni fa, prova ad estorcergli del denaro e così l’uomo, che un mese prima aveva organizzato nel suo locale la festa di compleanno della figlia del boss senza farsi pagare un solo euro in segno di riverenza, bussa alla porta di Gallace per chiedergli di risolvere il problema. La cosa è fatta, fa capire il boss ma l’imprenditore nei suoi affari ha un socio “occulto”, ovvero Fabrizio Piscitelli che viene anche lui informato della faccenda e che, pur sottoposto alla sorveglianza personale, si reca ad Anzio e con il socio entra in casa di Gallace. Un’imprudenza che il boss non tollera. 

 

IL DISAPPUNTO

Lo fa capire bene la sua convivente che, intercettata in auto dai militari, esternava il proprio disappunto per la condotta dell’uomo e di Piscitelli: «Co questi vai a fa’ le cose ma poi porti la gente a fa’ le prepotenze ad Anzio?». Vincenzo Italiano, stretto collaboratore di Gallace, rincara la dose commentando proprio il comportamento di Diabolik: «Tu c’hai la sorveglianza, vai in un posto e vai a fa’ casino?». Tra l’altro il duo, prima di recarsi da Gallace bussa alla porta di altre personalità di “spicco”, si alzano voci, si crea un po’ di confusione, la “società maggiore” alza il sopracciglio in segno di disappunto. Tra l’altro il fatto stesso che l’imprenditore con le spalle coperte da Gallace e pure da Gregorio Spanò (collaboratore di Giacomo Madaffari) da cui si riforniva del pane in cambio della protezione fosse finito nel mirino di una tentata estorsione insospettisce il gruppo di ‘ndrangheta. E così sempre Italiano arriva ad un’ipotesi, quella per cui proprio Piscitelli si fosse accordato in verità con gli estortori: «Mo non lo so se poi Diabolik gli stava a fa’ a cresta sopra». Di certo i giorni passano e si arriva a quel 7 agosto quando Piscitelli viene ammazzato al parco degli Acquedotti. Proprio quella sera l’ex capo ultrà avrebbe dovuto prender parte ad una festa su una barca attraccata al porto di Anzio.

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Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 11:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA