È al momento solo un'ipotesi, che richiederà molte verifiche che possano accertarne l'eventuale fattibilità. Ma per Manuel Bortuzzo - il giovane nuotatore diciannovenne vittima di un agguato che lo scorso febbraio gli ha compromesso l'utilizzo degli arti inferiori - una speranza di ripresa potrebbe arrivare dalla nuova tecnica di stimolazione elettrica del midollo spinale 'wireless' che ha permesso a 6 persone paraplegiche di tornare a camminare. Ad ipotizzarlo all'ANSA è Grégoire Courtine, del Politecnico Federale di Losanna, il cui gruppo di ricerca ha ideato la tecnica, insieme a Jocelyne Bloch del Policlinico Universitario di Losanna.
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«È prematuro parlarne - ha detto Courtine, che domani presenterà i risultati aggiornati della metodologia innovativa in un convegno alla Fondazione Santa Lucia IRCCS - ma potenzialmente Manuel potrebbe rispondere al trattamento».
Ad oggi sono quindi 6 i pazienti che hanno recuperato la funzionalità delle gambe paralizzate. «Abbiamo dimostrato - spiega Courtine - un miglioramento della funzione neurologica in questi pazienti e ciò è sorprendente. Per 2 dei 6 pazienti, inoltre, si è registrato un miglioramento del controllo della funzionalità degli arti anche quando la stimolazione elettrica veniva spenta». Il prossimo passo, annuncia, «sarà migliorare i dispositivi, rendendo la tecnica più fruibile. Attualmente la stimolazione è fatta posizionando un pace-maker a livello lombare nel paziente, ed un'antenna posizionata sull'addome invia il comando di stimolazione midollare. L'operazione è controllata da un piccolo tablet. L'obiettivo è arrivare ad inviare il comando di stimolazione attraverso Iphone o Iwatch». Sul versante terapeutico, invece, «finora la tecnica è stata utilizzata su persone con lesioni spinali 'vecchiè di alcuni anni, ma i test sui topi hanno dimostrato che un utilizzo della tecnica su lesioni recenti dà risultati notevolmente migliori. Per questo, dal 2020 avvieremo una nuova sperimentazione su pazienti con lesioni spinali recenti». Se tutto andrà bene, conclude, «la tecnica potrebbe essere disponibile per tutti come sistema medicale entro 5 anni».