Roma, mamma frusta bambino di 8 anni: condannata

La donna e il compagno portavano il bimbo nelle piazze di spaccio a Torbella

Mercoledì 17 Novembre 2021 di Francesca De Martino
Frustate al figlio di 8 anni, condannata la mamma

Frustate, pugni in testa e bastonate sulle braccia con il manico di un scopa. La routine del piccolo Alfredo (il nome è di fantasia), di appena otto anni, era questa. Perché la sua mamma, dopo aver bevuto alcol e fumato droga davanti a lui, diventava violenta, anche per un nonnulla.

E non si faceva alcun problema a portare il piccolo con sé, quando insieme al nuovo compagno, andava nelle piazze dello spaccio, per rifornirsi. In casa il bambino dormiva nella stessa stanza delle coppia e accadeva anche che, senza alcun riguardo per la sua presenza, la mamma consumasse rapporti sessuali. Con queste accuse una coppia, originaria della Georgia, 34 anni lei e 37 lui, è finita a processo per maltrattamenti. E i due asono stati condannati: tre anni e sei mesi di reclusione per la mamma e tre anni per il suo compagno. Alla donna, il pm Giovanni Nostro, in aula ha contestato anche le lesioni personali aggravate. 

LA VICENDA

L’incubo, per Alfredo, è cominciato nel 2014 ed è finito il 31 luglio 2017, quando il piccolo è andato a vivere dal papà. Chiusi tra le mura di casa l’imputata e il suo compagno picchiavano il bambino con qualunque oggetto avessero in mano: dal telecomando della televisione al bastone della scopa. Secondo quanto ricostruito dal sostituto titolare delle indagini, Elena Neri, la coppia di trentenni, originari della Georgia, avrebbe sistematicamente maltrattato il bambino per tre anni. Il piccolo, in sede di incidente probatorio, aveva rivelato al giudice che la madre lo avrebbe anche «frustato più volte». E aveva anche aggiunto, davanti al magistrato che lo ha sentito con modalità protette, che la droga, comprata insieme alla mamma e al compagno veniva poi conservata «in una scatola grande» e la tagliavano «con un trita erba».

Per questo nell’appartamento era stata eseguita una perquisizione. Ancora, scrivono i pm nel capo d’imputazione, i due imputati «consumavano rapporti sessuali incuranti della presenza della persona offesa e bevevano smodate dosi di alcolici, ubriacandosi, non prestando attenzione alcuna ai bisogni e alle necessità del bambino». In un’occasione l’imputata aveva picchiato il figlio con il manico della scopa procurandogli, si legge dagli atti, «un ecchimosi all’avambraccio destro» con sette giorni di prognosi. 

Un incubo, quello vissuto dal bambino, che sarebbe stato a fuggire, nel 2017, per trovare rifugio in casa del padre. Perché quell’appartamento, dove avrebbe dovuto vivere gli anni più belli e delicati della sua infanzia, era diventato l’inferno. Un ambiente che, scrive ancora Elena Neri, era diventato «pregiudizievole per il sano ed equilibrato sviluppo psico fisico del bambino». 

LA DIFESA

La difesa, nel corso del dibattimento, ha replicato al Tribunale che le perquisizioni nell’appartamento degli indagati, finalizzate ad individuare gli stupefacenti, non avevano portato a nulla. Un elemento che non sarebbe stato considerato durante il processo. «Si tratta di una sentenza paradossale - ha detto Benedetti - Aspettiamo le motivazioni e faremo sicuramente appello». 
 

Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 09:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA