Il legale di Buzzi: «L'accusa di mafia ha fatto comodo a tutti»

Martedì 15 Ottobre 2019
Salvatore Buzzi e Massimo Carminati

«Buzzi lo sento quasi tutti i giorni. Le vigilie sono sempre dure da affrontare, lo facciamo con grande spirito di fiducia e la consapevolezza che ci sono tante e gravi violazioni di legge nella sentenza impugnata che confidiamo nel fatto che la Cassazione ci possa dare ragione». Lo ha detto all'Adnkronos l'avvocato Alessandro Diddi, difensore del ras delle cooperative Salvatore Buzzi, condannato a 18 anni e 4 mesi in Appello e detenuto nel carcere di Tolmezzo, alla vigilia dell'apertura in Cassazione dell'ultimo grado di giudizio di Mafia capitale.

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«Non pensiamo che la Corte suprema possa suggellare un processo così importante con questi vizi - ha detto l'avvocato Diddi - Un processo scritto fin dall'inizio, la mafia fa comodo a tutti, è servita per coprire le responsabilità di molti, dal Comune alla Regione.

Un Comune che ancora oggi dice che le buche per strada sono colpa di Mafia capitale, ignorando che Buzzi non si occupava di asfalto e non vedendo che dal 2014 Roma sta naufragando sotto la spazzatura, le ville storiche sono abbandonate e l'assistenza agli immigrati non la fa più nessuno. Buzzi vuole pagare il giusto ma non passare per il capro espiatorio. È reo confesso per i reati di corruzione ma è totalmente estraneo a qualunque fenomeno mafioso».

IL PROCESSO: ULTIMO APPELLO
Prenderà il via domani mattina in Cassazione, davanti alla VI sezione penale, il terzo grado di giudizio per ' Mafia Capitalè, l'inchiesta che ha svelato il cosiddetto Mondo di Mezzo. Un processo che ruota intorno al 416bis, il reato di associazione mafiosa caduto in primo grado ma riconosciuto in Appello. L'udienza per i 32 ricorrenti si aprirà domani alle 10 nell'aula magna della Suprema Corte davanti alla VI sezione, presieduta da Giorgio Fidelbo, con la relazione di due giudici relatori cui seguirà la requisitoria di almeno due rappresentanti della Procura Generale.

TRE GIORNATE
Al momento sono tre le giornate di udienze calendarizzate con la possibilità di arrivare a una quarta: oltre al 16, sono in programma anche giovedì 17 ottobre e venerdì 18 ed eventualmente sabato 19 ottobre. Una decisione del presidente di sezione che tiene conto sia del numero dei ricorrenti che della complessità delle imputazioni in modo da assicurare la continuità e l'unitarietà della trattazione del procedimento.

LA SENTENZA
Una sentenza che arriverà a cinque anni dall'operazione che con due retate, il 2 dicembre 2014 e il 4 giugno 2015, ha portato all'arresto rispettivamente di 37 e 44 persone. Una maxi inchiesta in cui la Procura, allora guidata da Giuseppe Pignatone, ha sostenuto come negli ultimi anni nella capitale abbia agito un'associazione di stampo mafioso, «romana» e con «caratteri suoi propri e originali rispetto alle altre organizzazioni mafiose»‎, capace di mettere le mani, con la complicità di politici e funzionari, sugli appalti pubblici: dai centri di accoglienza per i migranti ai campi nomadi, dal verde ai rifiuti.

IL "RAS" DELLE COOP SALVATORE BUZZI
A capo della cupola romana, secondo l'accusa, il ras delle cooperative Salvatore Buzzi e l'ex Nar Massimo Carminati. In manette per corruzione finiranno anche imprenditori, consiglieri capitolini, assessori e nomi 'eccellentì della politica quali l'ex consigliere e capogruppo Pdl in consiglio comunale e poi in Regione Luca Gramazio, unico tra i politici con l'accusa di associazione mafiosa.

LE CONDANNE INFLITTE FINORA
Il maxi processo si apre il 5 novembre 2015 e si conclude 20 mesi dopo, il 20 luglio 2017, con la sentenza di primo grado: condanne pesanti (meno di 300 anni di carcere complessivi rispetto ai 500 chiesti dall'accusa) ma senza il riconoscimento del 416bis, l'associazione mafiosa. Quarantuno condanne e cinque assoluzioni: Salvatore Buzzi viene condannato a 19 anni mentre Massimo Carminati a 20 anni, Luca Gramazio, invece, a 11 anni. Sentenza che viene ribaltata in Appello l'11 settembre 2018 con il riconoscimento della mafiosità dell'associazione per 18 dei 43 imputati. Per l'ex terrorista dei Nar Massimo Carminati e il ras delle coop romane le pene in Appello vengono ridotte. I due vengono condannati rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi. Ora l'ultima parola spetta ai giudici della Suprema Corte con lo spettro per alcuni imputati, attualmente liberi o ai domiciliari, anche alla luce delle nuove norme come la legge «spazzacorrotti», di finire in carcere se la condanna dovesse essere confermata anche solo in parte.

Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 21:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA