Coronavirus Lazio, D'Amato: «Più controlli su chi arriva a Roma. Isolare in hotel chi viene da zone critiche»

Domenica 5 Luglio 2020 di Mauro Evangelisti
Lazio, D'Amato: «Più controlli su chi arriva a Roma. La quarantena volontaria è un flop»

«Ogni giorno ci troviamo con nuovi casi d’importazione, persone che portano il coronavirus da Paesi in cui sta ancora circolando moltissimo. Il sistema dei controlli alle frontiere non funziona, possibile che il governo non lo comprenda? Questa sottovalutazione mi sorprende. A questo punto, l’unico modo è affittare qualche hotel vicino all’aeroporto di Fiumicino e lì fare trascorrere la quarantena a coloro che entrano in Italia e arrivano da Paesi extra Ue». Alessio D’Amato è l’assessore alla Sanità della Regione Lazio. Da giorni sta lanciando l’allarme sulle falle del sistema dei controlli che non intercettano le persone che arrivano dall’estero e non si mettono in quarantena. Un problema sollevato dal Veneto anche da Luca Zaia. Ieri nel Lazio è stato trovato un altro immigrato tornato dal Bangladesh positivo.

C’è chi è preoccupato dalla vicenda dei controlli inefficaci alle frontiere.
«Io sono il più preoccupato di tutti. Per il Lazio i problemi principali sono questi cittadini che tornano dal Bangladesh, per questo sta partendo una campagna di tamponi a tappeto destinati a questa comunità. I rappresentanti delle associazioni degli immigrati del Bangladesh ci hanno ringraziato. L’ultimo caso è un ragazzo di 25 anni, stava nel famoso volo via Dubai da Dacca, con cui sono arrivati già numerosi positivi».

Quando era arrivato si era messo in quarantena?
«No. Parliamoci chiaro: lo strumento dell’isolamento fiduciario non funziona, è inutile che ci giriamo intorno. O si prendono degli alberghi nell’area dell’aeroporto e fai fare lì alla quarantena, o ne se ne esce. Mettiamoci nei panni di questi ragazzi del Bangladesh: se ne erano andati dall’Italia spaventati dall’epidemia, ora nel loro Paese la situazione è drammatica perché il coronavirus è fuori controllo e, visto che qua spesso hanno lavoro e residenza, fanno l’impossibile per tornare in Italia. Pensiamo davvero, al loro arrivo, che andranno in quarantena in un monolocale da soli? No, probabilmente andranno in appartamenti con altri connazionali che rischiano di contagiare, proveranno a riprendere subito il lavoro perché ne hanno bisogno. Ma lo stesso vale per chi arriva da Brasile, Stati Uniti, Messico, Pakistan. E vale anche per gli italiani che tornano da Paesi con quel livello di circolazione del virus».

In teoria, se arrivo da un Paese extra Ue, anche dopo uno scalo in un aeroporto europeo, la Polizia o la Finanza, su segnalazione della compagnia aerea, dovrebbero segnalare il mio nome all’autorità sanitaria, raccogliere un modulo la mia autocertificazione dove dico che rispetterò la quarantena.
«Tutte regole sulla carta. Delle decine di cittadini del Bangladesh tornati sui due voli dove poi sono stati trovati dei positivi, sa quante persone ci sono state segnalate? Zero. Ma allora come fanno le aziende sanitarie a controllare? Si tratta di un sistema molto farraginoso, se non se ne prende atto rischiamo di compromettere i sacrifici e il lavoro di questi mesi che ci hanno consentito di ridurre l’epidemia. Noi ormai abbiamo una quarantina di casi di importazione, ma sono solo quelli intercettati. Poi, certo, c’è chi rispetta le regole: due ragazze tornate dal Perù in provincia di Frosinone hanno segnalato il loro arrivo alla Asl e si sono messe in auto-isolamento. Una di loro, successivamente, ha avuto la febbre ed è risultata positiva, per fortuna non aveva violato la quarantena. Però non ci possiamo affidare semplicemente al buon senso e al rispetto delle regole delle persone».

Nel Lazio c’è stata un’impennata di casi, 31 in un giorno. Preoccupato?
«Da una parte siamo consapevoli che abbiamo due cluster familiari sostanzialmente sotto controllo e che una decina di positivi sono stati intercettati negli accessi degli ospedali, dunque non c’è una situazione di emergenza.

Dall’altra ripeto quello che ho sempre detto: c’è troppa rilassatezza, nei comportamenti, non si comprende che il virus circola ancora e c’è chi viene ancora ricoverato. Questo è un rischio».

Ultimo aggiornamento: 00:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA