Gaia e Camilla, nuova perizia: «Dubbi sui freni della vettura»

Giovedì 5 Marzo 2020 di Adelaide Pierucci
I pm vogliono capire perché il sistema di sicurezza non ha funzionato

Si allungano i tempi per la superperizia. Resta uno snodo chiave da chiarire sullo schianto di Corso Francia, l’investimento nel quale nella notte tra il 21 e il 22 novembre sono morte le sedicenni Gaia Romagnoli e Camilla von Freymann. I sensori radar proteggi pedoni dell’auto guidata dal ventenne Pietro Genovese erano attivi? Perchè non hanno funzionato nonostante il tentativo del conducente di arrestare il mezzo? Per stabilirlo l’ingegnere esperto di infortunistica stradale Mario Scipioni nominato dalla procura ha bisogno di chiarimenti dai tecnici della società costruttrice che per quel Suv ha ottenuto grandi riconoscimenti proprio per i sistemi di sicurezza. Un punto cruciale per accertare se non fossero funzionanti, oppure disattivati o, infine, non entrati in funzione per un guasto. Il sistema di frenata di emergenza autonoma, infatti, non si è attivato.

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In assenza della scatola nera del Suv sarà un elemento centrale per accertare l’approccio alla guida del conducente che aveva ripreso la marcia appena scattato il semaforo verde. La consegna della perizia sulla dinamica dell’incidente era attesa per domani, così come concordato col procuratore aggiunto Nunzia D’Elia e il pm Roberto Felice, titolari del fascicolo. Un accertamento irripetibile a cui stanno partecipando anche gli altri consulenti delle parti processuali, cinque in tutto, considerati i due nominati dall’indagato e i tre dei familiari delle vittime.

Nel frattempo è stato accertato che la Renault Koleos guidata da Genovesi era sprovvista di scatola nera.

La perizia quindi diventerà ancora più cruciale. Al consulente tecnico della procura era stato chiesto - presa visione del veicolo, dello stato dei luoghi, dei rilievi effettuati dalla polizia locale - di accertare quale fosse «la velocità e il punto d’urto, la corsia percorsa, la sincronizzazione delle lanterne semaforica pedonale e veicolare. Ma anche accertare le condizioni di visibilità al momento del sinistro». Il fulcro, così, rimane la dinamica dell’incidente: Gaia e Camilla sono sbucate all’improvviso, attraverso la strada e passando con il rosso? L’auto di Genovese si sarebbe potuta fermare? Ci si aspettava che gli accertamenti fossero più semplici, se appunto il Suv, intestato a una concessionaria della provincia di Milano e in comodato d’uso a Pietro Genovese, il regista papà del ragazzo, fosse dotata di una scatola nera, circostanza adesso esclusa. Un altro punto oscuro resta il luogo esatto in cui Gaia e Camilla hanno attraversato. La maggior parte dei testimoni riferisce che non fossero sulle strisce e che il semaforo segnasse il verde per le auto, così come riferito da Genovese e da uno dei due amici in auto con lui. Pietro Genovese, nel frattempo, resta ai domiciliari. La difesa non ha chiesto l’annullamento della misura cautelare. Il giovane ha deciso, infatti, di affidarsi al proseguio delle indagini della procura per dimostrare l’impossibilità di evitare l’impatto dopo essere regolarmente partito col verde semaforico. La polizia municipale aveva escluso tracce di frenata. E, del resto, lo stesso Pietro Genovese, nel corso dell’interrogatorio davanti al gip Bernadette Nicotra, che il 26 dicembre ne ha disposto i domiciliari, ha riferito di essersi accorto delle due sedicenni solo dopo l’impatto.

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