Dpcm, i ristoratori di Roma: «Si rischiano perdite da 300milioni e 70mila posti di lavoro in meno»

Lunedì 19 Ottobre 2020
Dpcm, i ristoratori di Roma: «Si rischiano perdite da 300milioni e 70mila posti di lavoro in meno»

Potrebbero rientrare nella categoria effetti collaterali da Dpcm.

Se da una parte, infatti, l'obiettivo del Governo rimane fermare la pandemia - i cui numeri nell'ultima settimana sono tornati a preoccuare - dall'altra restano le attività economiche della Capitale, impegnate a fare i conti con una crisi durissima.

Gli orari di chiusura di locali e ristoranti alle 24, l'impossibilità di alzare le saracinesche prima delle 5 del mattino e, ancora, il consumo esclusivamente al tavolo di cibi e bevande a partire dalle 18, costituiscono l'ennesimo gancio ben assestato a un settore già messo in ginocchio da restrizioni e lockdown.

L'sos si leva accorato dalla voce di Claudio Pica, presidente di Fiepet Confesercenti di Roma e Lazio e rappresentante di un malessere diffuso tra i titolari delle imprese: «Con l'ultimo provvedimento l'impressione è che Governo e Regioni abbiano deciso di alzare ancora di più l'asticella, colpendo al cuore la filiera agroalimentare e l'intero comparto della ristorazione».

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Tradotto in numeri, i risvolti potrebbero essere addirittura peggiori, soprattutto per la Capitale: «Le perdite ad oggi - afferma Pica - ammontano a 150 milioni di euro, tuttavia potrebbero presto raddoppiare e quantificarsi in oltre 300 milioni entro la fine dell'anno». Di riflesso anche l'occupazione subirà una contrazione notevole: «Considerando pruduzione, distrubuzione e, in generale l'intero comparto dei pubblici esercizi, andranno persi 70mila posti di lavoro».

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Cifre impressionanti, che se confermate devasterebbero il tessuto economico, già precario, di Roma. Anche per questo secondo i ristoratori, la chiave di volta per arginare il Covid non può essere rintracciata nelle costanti e progressive strette sui locali, bensì su controlli maggiori, specie nei punti nevralgici della città: «Le nostre aziende associate rispettano tutti i protocolli imposti dal Cts, la "mala Movida" nelle piazze non si frena con nuove chiusure, ma con la garanzia del rispetto delle norme vigenti».

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Quindi le proposte, per scacciare orizzonti scuri e tremendamente vicini: «L'asporto di alcolici - dice Pica - riteniamo andasse limitato prima, a differenza del consumo al banco, da consentire almeno fino alle 20. In ogni caso, se falliranno le imprese a perdere sarà Roma, in termini di investimenti, Pil e ricchezza pro capite. Noi battaglieremo per impedire questa sciagura sociale. Torneremo a confrontarci con su tavoli istituzionali con Governo e Regioni alla ricerca di soluzioni condivise».

Ultimo aggiornamento: 19:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA