Coronavirus, Roma perderà nel 2020 il 42,5% dei visitatori: e il 29% è straniero. Ecco le ripercussioni

Martedì 28 Aprile 2020 di Alessandra Camilletti
Via Sistina e via delle Quattro fontane deserte

A conti fatti, Roma nel 2020 segnato dal Covid-19 registrerà un calo del flusso turistico  del 42,5 per cento rispetto allo scorso anno. Si prevede il 13,4 per cento in meno di viaggiatori nazionali e il 29,1 per cento in meno di  viaggiatori internazionali. È lo scenario disegnato  dall’Ufficio Studi di Enit - Agenzia Nazionale del Turismo, che ha fotografato  i dati su pernottamenti, spesa e prospettive del turismo  in questo difficilissimo anno. La Capitale si piazza al terzo posto, dopo Venezia (47,3 per cento, con un meno 43,4 legato a presenze straniere) e Firenze (45,6 per cento, con un meno 36 per cento di stranieri), per perdita di visitatori.   Seguono Napoli, Genova, Milano, Palermo, Bergamo e Torino. Tolte le nove, maggiori, città considerate, il resto d’Italia si ferma a meno 38,9. La media italiana segna un meno 40,3 per cento di presenze. Maggiore è la percentuale di visitatori a lungo raggio, maggiore è l’impatto - spiega Enit -, perché si presume che i mercati a lungo raggio siano più colpiti dalla pandemia che quelli a corto raggio.
 

 

C’è anche un impatto sulla stagionalità: le città che sono più stagionali nei mesi di punta estivi saranno maggiormente colpite, così come coloro che acquisiscono una quota maggiore di visitatori da più mercati in outgoing stagionale (come i paesi a lungo raggio), perché i viaggi saranno più limitati da marzo a fine agosto. Lo scenario dice che entro il 2023  si prevede che tutte le città accoglieranno un numero di viaggiatori maggiore rispetto a quello del 2019, ma  nel trend dei viaggiatori domestici. Già, perché  si calcola invece che  il viaggiatore internazionale verso l’Italia ritornerà (e non supererà) i livelli del 2019 entro il 2023. Le città con la maggiore crescita nel 2023 rispetto al 2019 sono quelle che hanno una quota maggiore di viaggiatori domestici, come Torino; quelli più dipendenti da viaggiatori internazionali (come Venezia) - spiega ancora il report -, sperimenteranno un aumento inferiore. Accanto a questo, anche le città con una quota maggiore di viaggiatori domestici (e internazionali a corto raggio) sperimenteranno una ripresa più rapida nel 2021 e nel 2022, poiché si prevede che i viaggi nazionali e a corto raggio riprenderanno nel post-Covid più  rapidamente che i mercati a lungo e medio raggio.

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Dati, quelli sui visitatori, che specialmente a Roma, e nel suo centro storico, si ripercuotono più immediatamente sull’attività degli hotel, dei ristoranti e dello shopping. Confcommercio ha già comunicato  cali di fatturato e prenotazioni che vanno dal 80% al 90% nel settore alberghiero rispetto al precedente anno. Un esempio su tutti: a Pasqua 2019 sono arrivati a Roma circa 400mila turisti che hanno speso 180 milioni di euro tra alberghi e ristoranti. Nella ristorazione le uniche attività a restare fin qui aperte sono le attività che si occupano di Delivery ed è prevista una perdita di 2 miliardi di ricavi nel 2020 (meno  40 per cento). Per il settore moda, che nella Capitale occupa oltre 30mila persone si prospetta un calo di almeno il 50 per cento del fatturato per l’anno in corso.

Ed ecco alcuni numeri più di dettaglio sugli effetti del Covid sul tessuto ricettivo e del commercio, che si traduce in posti di lavoro. «Oltre mille negozi appartenenti alle catene di distribuzione più conosciute sono intenzionate a non riaprire - spiega David Sermoneta, presidente Federmoda Roma e Confcommercio Centro di Roma - perché non possono sostenere una situazione ancor più gravosa della chiusura. Il 18 maggio sarà concessa la facoltà di aprire, ma non quella di lavorare. Non potremo ritirare dalla cassa integrazione i nostri dipendenti, non potremo onorare i nostri debiti con i fornitori, non potremo pagare i canoni di affitto». Dall’abbigliamento agli hotel. «Se non si riusciranno a dare nuove motivazioni ed energie sia economiche che strutturali, il 35% delle attuali strutture alberghiere non riaprirà più con gravi conseguenze al sistema di accoglienza della città e con ricadute occupazionali e sociali disastrose», è l’allarme già lanciato  dal presidente di Assohotel  Roma e Lazio, Francesco Gatti.

Nell’ambito della ristorazione, a Roma, «entro fine anno, se le cose non cambieranno, perderemo almeno 2 miliardi di euro di consumi, parliamo di quasi il 40 per cento del totale del 2020», conteggiava  il presidente della Fipe Confcommercio della Capitale, Luciano Sbraga, nel corso della seduta della commissione Commercio del Campidoglio riunitasi  nei giorni scorsi in video conferenza, appena prima del nuovo decreto. «Questo vuol dire, perdita di posti di lavoro, di tributi, eccetera. Senza misure di accompagnamento le imprese non ce la faranno - ha aggiunto -, il distanziamento sociale avrà un impatto, in media, di una riduzione dei coperti del 40 per cento».

Un problema che a maggior ragione tocca il centro storico, che più vive di turismo, rispetto a quartieri dove invece è maggiore la quota di residenti. Proprio in questi giorni si discute della riattivazione oppure no della Ztl. «La sindaca Raggi proroghi l’apertura della Ztl fino a dicembre 2020.
Dopo mesi di chi chiusura e perdite di incassi e fatturato, bisogna permettere alle attività di ripartire altrimenti il danno economico sarà per tutta la Capitale», è l’appello già lanciato da Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti di Roma. 

Ultimo aggiornamento: 13:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA