Lockdown, ciclone Covid sul commercio di Roma: «Bruciati 50mila posti di lavoro»

Giovedì 13 Agosto 2020 di Francesco Pacifico
Lockdown, ciclone Covid sul commercio di Roma: «Bruciati 50mila posti di lavoro»

L'effetto Covid ha bruciato nella Capitale 50mila posti di lavoro tra bar, ristoranti e negozi. Persone finite in cassa integrazione che difficilmente rientrerà visto il giro d'affari basso dei giorni dopo il lockdown, contratti di collaborazione non confermata, per non parlare degli stagionali, cioè di tutti quegli addetti che non sono stati chiamati per la stagione dei saldi o dei tantissimi che operano nel sommerso. Questa è la stima che ha fatto Confcommercio e questo dato è ancora più preoccupante se si pensa che parliamo di 50mila lavoratori in un terziario, come quello romano, che occupa circa 450mila persone comprendendo anche aziende di servizi, artigiani e piccoli professionisti.

Lockdown, la denuncia della Puglia: persi 300 milioni di euro solo nel settore turistico

Un numero che fa il paio con quanto rilevato qualche settimana fa da un'altra associazione di categoria, Confesercenti, secondo la quale nella Città eterna hanno già chiuso circa 3mila negozi.
I PUBBLICI ESERCIZI
Confcommemrcio, attraverso la sigla Fipe, ha anche fatto un'analisi ulteriore su bar e ristoranti di Roma, che soltanto a metà maggio hanno potuto di fatto riprendere le loro attività, comprese quelle di somministrazione, dopo il periodo del lockdown. Stando alla rilevazione, a oggi e a tre mesi dalla fine dello stop, il 90 per cento dei pubblici esercizi ha rialzato la saracinesca, anche se con risultati in termini di fatturato molto preoccupanti. Ma accanto a questi ci sono oltre mille titolari di queste attività che non hanno riaperto: l'8,4 per cento attende tempi migliori e spera ancora di farlo al rientro delle ferie, il 2,1 è fallito e ha gettato la spugna.

Lockdown, mossa di bar e ristoranti: carte agli avvocati per i danni causati dal procurato allarme

Spiega Luciano Sbraga direttore della Fipe-Confcommercio: «Quello che spaventa i pubblici esercenti è la mancanza di segnali di forte discontinuità rispetto alla situazione che si registrava a ridosso della fine del lockdown. A quasi tre mesi dalla riapertura, per il 56 per cento degli imprenditori il quadro è bloccato mentre si equivalgono coloro che lo vedono in miglioramento e coloro che, al contrario, lo danno in peggioramento. E non se uscirà se il Comune e le altre istituzioni coinvolte non faranno partire una campagna per ridare lustro al marchio di Roma e più decoro e servizi alla città, per spingere i turisti a venire qui, ma anche ai residenti di uscire».
Più in generale - complice la presenza di pochissimi turisti, con quelli stranieri di fatto assenti, e il mantenimento dello smart working in molti uffici pubblici e privati - i titolari di bar e ristoranti lamentano che il fatturato è crollato in media del 45 per cento. C'è anche chi - il 25 per cento - lamenta perdite negli incassi del 70 per cento. Soltanto il 3,6 per cento di queste strutture - per lo più quelle nei centri commerciali - sarebbe rientrato verso gli standard dello scorso anno.

Lockdown, ira di albergatori e commercianti: «Ora lo Stato deve ripagarci del danno»

LE ECCEZIONI
Dati non diversi arrivano dai negozi di prossimità: su questo fronte il giro d'affari è crollato in media tra il 30 e il 40 per cento, anche perché non hanno portato i benefici sperati le prime svendite iniziate a luglio e i saldi ufficiali partiti ad agosto.
«L'unica eccezione - spiega David Sermoneta, presidente della Federazione Moda Italia di Roma - vale per i centri commerciali e per chi vende abbigliamento da mare. A dimostrazione della gravità della crisi in cui viviamo, anche il fatto che le grandi catene non hanno riaperto tutti i loro punti vendita».
 

 

Ultimo aggiornamento: 11:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA