Cerciello, l'ultimo mistero: «Il pusher era un informatore»

Sabato 20 Giugno 2020 di Michela Allegri
Il vicebrigadiere ucciso Mario Cerciello

L'antefatto è noto: il presunto pusher di Trastevere, Italo Pompei, invece di vendere a Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale-Hjorth alcune dosi di droga aveva dato loro della tachipirina. Da qui, la decisione dei due americani di derubare l'uomo che li aveva messi in contatto con lo spacciatore, Mario Brugiatelli, l'appuntamento concordato per restituirgli lo zaino che gli avevano sottratto e, poi, l'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega nel quartiere Prati. Era la notte tra il 25 e il 26 luglio dello scorso anno. Quello che emerge adesso è che Pompei, in realtà, era un informatore delle forze dell'ordine. A confermarlo è stato un militare dell'Arma sentito nel settembre scorso a sommarie informazioni dalla Procura. Il suo verbale è stato depositato ieri nel processo per l'omicidio, che si svolge a porte chiuse. Del documento aveva parlato nel corso della scorsa udienza il colonnello Lorenzo D'Aloia, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Roma. E ieri è stato acquisito su richiesta della difesa dei due giovani americani.

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A rendere dichiarazioni agli inquirenti era stato un carabiniere che aveva spiegato come Pompei gli fornisse notizie e informazioni.
Nel processo i due americani sono accusati di omicidio volontario: Cerciello è stato accoltellato in strada da Elder. Era andato insieme al collega Andrea Varriale a recuperare lo zaino di Brugiatelli, rubato a Trastevere. Ieri nell'aula Occorsio del Tribunale c'è stata la deposizione dei due carabinieri che, in divisa, incontrarono prima dell'agguato Brugiatelli, che verrà ascoltato in aula il 24 giugno. Sono stati sentiti anche i colleghi intervenuti subito dopo l'accoltellamento.
Il fatto che Pompei avesse un referente tra i carabinieri non è una novità: dalle indagini era già emerso che aveva avuto 2.000 contatti telefonici con un appuntato. Ed era uno dei punti poco chiari della vicenda, insieme ad altre stranezze: Varriale e Cerciello non erano in divisa e non avevano la pistola d'ordinanza quando si sono recati all'appuntamento con gli americani. Ed è proprio questo uno dei punti su cui fa leva la difesa, insieme alla trascrizione della telefonata tra Gabriel Natale Hjort e Sergio Brugiatelli, avvenuta all'1.19, per accordarsi per effettuare lo scambio: lo zaino in cambio di 100 euro. Secondo i patti, all'incontro il mediatore dei pusher sarebbe dovuto arrivare da solo. Al suo posto, invece, si erano presentati i carabinieri, in borghese, disarmati. «Ti ho detto di incontrarmi a Unicredit - dice Natale - ti ho già detto l'indirizzo non posso darti più informazioni di questo se te non la trovi non è colpa mia».
 



E Brugiatelli: «La banca dove? Vabbè ridimmelo un'altra volta, fratè io sto a venì oh io sto a venì lì, te sto a portà i soldi tutto quanto, me lo devi dare te l'indirizzo». Natale: «Stai ancora con il tuo amico, ti ho detto che devi rivenire da solo. Sento un sacco di voci, dietro, si sentono un sacco di voci, io ti ho detto di venire da solo». E il mediatore aveva dato la sua parola: «Ma guarda che io vengo da solo, io vengo da solo non ti preoccupà, però mi devi dire la banca, almeno la banca». I difensori dei due americani - per Natale gli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi, e per Elder i penalisti Renato Borzone e Roberto Capra - hanno sempre sostenuto che i ragazzi si aspettavano una sola persona e hanno reagito in modo violento quando si sono trovati davanti due uomini, credendo che fossero spacciatori. Un'ipotesi basata sul fatto che i militari indossavano pantaloni corti e magliette, erano disarmati e i loro tesserini non sono stati ritrovati. Per la procura, invece, i ragazzi sapevano che Cerciello e Varriale erano carabinieri: si sarebbe trattato di un agguato.

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