Roma, Atac e il palazzo di Parnasi: «Danno erariale da 15 milioni»

Sabato 27 Giugno 2020 di Michela Allegri
Roma, Atac e il palazzo di Parnasi: «Danno erariale da 15 milioni»

In molti se lo ricordano come uno dei peggiori affari in cui si sia imbarcata la municipalizzata romana dei trasporti. Un'operazione immobiliare fallimentare, che ha contribuito, secondo gli inquirenti, a scavare il buco di bilancio che ha portato l'Atac a un passo dal baratro e alla procedura di concordato. Adesso, per l'acquisto dell'immobile in zona Eur Castellaccio che avrebbe dovuto ospitare tutti gli uffici dell'azienda comunale, ma che è stato costruito con un ritardo mostruoso e non è mai stato utilizzato, la Corte dei conti batte cassa e chiede 15 milioni 692mila e 924 euro a 10 ex manager della municipalizzata, che dal 2005 al 2012 hanno gestito passo per passo la transazione. Il danno erariale è stato quantificato dai finanzieri del nucleo Pef di Roma. L'invito a dedurre - che corrisponde a un avviso di conclusione delle indagini - è stato notificato dal pm Massimo Lasalvia agli ex amministratori delegati Gioacchino Gabbuti e Carlo Tosti, agli ex presidenti Massimo Tabacchiera e Francesco Carbonetti, e ai componenti del Cda che si sono succeduti negli anni, Giampiero Ripanucci, Maria Gabriella Guadalupi, Stefano Ribaldi, Antonio Galano, Andrea Carlini, Francesco Cioffarelli. La cifra è la stessa che l'Atac avrebbe perso nell'accordo finale con Bnp Paribas, che gestisce il fondo Upside in cui era confluito l'immobile della società Europarco srl, poi Parsitalia, società del gruppo di Luca Parnasi, l'imprenditore già a processo per associazione a delinquere in relazione alla realizzazione dello stadio della Roma a Tor di Valle.

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LA VICENDA
Tutto inizia nel 2005, quando il Cda di Atac - l'ad è Gabbuti - indice un bando per individuare una nuova sede. Nel 2006 viene approvata l'offerta della Europarco, che propone un immobile da costruire in via Avignone. Lo stabile, poi ceduto al fondo Upside della Bnp, sarebbe dovuto diventare la sede unica della mobilità dell'azienda comunale. Nel 2009 viene stipulato un contratto preliminare di compravendita tra Atac e Bnp: il prezzo è 118.274.000 euro. Atac versa un acconto di 20.106.580 euro. Una decisione «gravemente censurabile», secondo i magistrati contabili: l'acquisto sarebbe stato fatto con una procedura «anomala»: la compravendita di cosa futura. L'accordo prevede l'inizio dei lavori entro il 31 gennaio 2010 e la fine entro il 31 ottobre 2011. In caso di mancato rispetto della tabella di marcia, ci sarebbero stati la risoluzione del contratto, il risarcimento di Atac, oppure una penale da 15mila euro al giorno per Bnp. Le cose, però, vanno diversamente. Dei lavori di costruzione si occupa la Europarco, «al prezzo di euro 34.142.000 Iva esclusa, oltre euro 1.707.100 di oneri di sicurezza», si legge nell'atto della Corte dei conti. I ritardi sono immediati. E in questo caso, secondo i magistrati, l'«inerzia dei vertici Atac» sarebbe evidente: si sono attivati per risolvere il contratto solo a novembre 2011. Poi, il colpo di scena.

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Nel gennaio 2012, il cda Atac stipula un nuovo accordo: viene stabilita una locazione dell'immobile al canone di 7.980.000 euro annui. Anche in questo caso, secondo la Corte dei conti, ci sono «criticità rispetto alla stipula del contratto di locazione di cosa futura», che non sarebbe conforme alla legge «per l'acquisizione di un immobile da adibire a sede di ufficio pubblico». I ritardi si accumulano fino al dicembre 2016, quando viene completata la sede. Ma i problemi non sono finiti: il 12 gennaio 2017, l'amministratore unico di Atac, Manuel Fantasia, chiede la risoluzione del contratto e la restituzione dell'acconto: le opere non sono ultimate e l'immobile viene dichiarato inagibile fino al 2018. Dal 2017 iniziano i contenziosi tra Atac e Bnp: la municipalizzata perde i ricorsi e non riesce nemmeno a entrare in possesso della sede. Il 22 marzo 2019, la situazione viene risolta con una transazione: Bnp risarcisce Atac con 9 milioni, ma trattiene 11.106.580 euro dall'acconto versato a suo tempo. La cifra, considerando interessi e rivalutazioni, secondo i magistrati supera i 15 milioni e mezzo e viene ora chiesta agli ex vertici della municipalizzata.
 

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