Anzio, il killer di Leonardo Muratovic confessa: «Quel coltello era il suo, ho ucciso per difendermi»

Adam Ed Drissi si è costituito assieme al fratello maggiore: «Ma lui non c’entra»

Giovedì 21 Luglio 2022 di Camilla Mozzetti
Omicidio Anzio, il killer di Luca confessa: «Quel coltello era il suo, ho ucciso per difendermi»

Dichiarazioni spontanee rese negli uffici della stazione dei carabinieri Gianicolense dove martedì sera sono andati a costituirsi, piegati dalla paura di essere linciati dagli amici della vittima. Attendono ora l’interrogatorio di convalida davanti al gip ma già quello che hanno detto, e che è stato messo a verbale, può essere utile a spiegare cosa sia accaduto la sera di sabato di fronte al locale La Bodeguita di Anzio. «L’ho colpito con il suo coltello per difendermi. È stata una disgrazia», ha detto Adam Ed Drissi, classe 2001, che si è addossato per interno la colpa dell’omicidio del pugile Leonardo Muratovic, 25enne.

Con lui, a varcare l’ingresso della stazione dell’Arma, anche il fratello maggiore Ahmed del 1996 «Lui non c’entra nulla, ho fatto tutto da solo», ha aggiunto Adam.

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LA CONFESSIONE

Assistiti dagli avvocati Serena Gasperini e Daniele Fabrizi, i due fratelli di origine magrebina, ma nati in Italia, hanno vuotato il sacco, raccontando una parte della “loro” verità. Dopo la lite e l’aggressione mortale consumata davanti al locale si erano dati alla fuga, rendendosi irreperibili sia a casa che al cellulare. Eppure qualcuno tra gli amici e i conoscenti della vittima li aveva scovati e pure minacciati: «Sappiate che i conti alla fine si pagano». Così, benché la polizia fosse da giorni sulle loro tracce grazie anche alle testimonianze di chi quella sera ha assistito all’aggressione, i due hanno deciso di costituirsi a Roma. Nel decreto di fermo disposto comunque per entrambi dal sostituto procuratore di Velletri, Vincenzo Antonio Bufano, si mettono insieme gli elementi investigativi raccolti finora che già bastavano ad accusarli di omicidio in concorso. 

LA RICOSTRUZIONE

È sabato sera e Muratovic entra con la fidanzata nel locale sulla riviera Mallozzi di Anzio. Dentro ci sono già, seduti ai tavoli, i due fratelli con alcuni amici. Alcuni di loro si alzano e secondo quanto raccontato dalla fidanzata della vittima, Ahmed avrebbe afferrato il pugile dal pizzetto dicendogli: «Tu qui non ci devi stare». Questione di attimi, è una fiamma che si accende con poco quella degli scatti d’ira. Nasce una discussione animata a tal punto che i buttafuori del locale spingeranno entrambe le comitive in strada. Qui invece di disperdersi i componenti dei gruppi arrivano agli spintoni, agli insulti, alle botte fino a quel coltello che il magrebino dirà di non aver mai posseduto e di avere invece strappato al suo “rivale” colpendolo poi involontariamente durante la colluttazione. Al momento è una ricostruzione sommaria e parziale: del coltello non c’è traccia, fosse stato rinvenuto ci sarebbe stata almeno la possibilità di raccogliere delle impronte da poter comparare con quelle dei due fratelli a cui comunque, da prassi, dovrà essere prelevato il Dna.

In strada - e sempre da quanto la polizia ha potuto raccogliere in base ai testimoni - lo scontro vero e proprio avrà come protagonisti il pugile e Adam Ed Drissi. In quegli attimi concitati la fidanzata dell’amico di Muratovic dirà anche che per difendere il proprio compagno e il pugile colpirà con una bottiglia di plastica uno degli aggressori e che, a sua volta, sarà colpita da un’altra donna risultata essere poi la sorella dei magrebini. Ma tra le cose dette dalla ragazza la più importante risiede nella descrizione della zuffa. Dirà infatti che Muratovic sarà aggredito da entrambi i magrebini prima di accasciarsi a terra e morire per quella profonda ferita all’emitorace destro. I due fratelli sono stati trasferiti nel carcere di Velletri, lo stesso però dov’è rinchiuso il padre della vittima, arrestato per essere entrato nel commissariato di Anzio all’indomani del delitto e aver accoltellato i due buttafuori ufficiali del locale, convinto forse di colpire chi aveva ucciso il figlio. 

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