La truffa del dipendente della Banca d'Italia: finte spese di trasferta, così ha intascato più di 230mila euro

Il raggiro durato 5 anni, l'uomo è stato condannato

Domenica 4 Giugno 2023 di Michela Allegri
La truffa del dipendente della Banca d'Italia: finte spese di trasferta, così ha intascato più di 230mila euro

Mentre era distaccato all'estero è riuscito a gonfiare le spese di trasferta, facendosi pagare un affitto di cui non aveva bisogno, straordinari mai effettuati e anche sostanziosi emolumenti non dovuti. In questo modo un ex dipendente della Banca d'Italia, in circa 5 anni, è riuscito a mettere in tasca 234.394 euro in più oltre al regolare stipendio. Una cifra che ora è stato condannato a restituire alla Banca d'Italia e al Comitato Economico e Sociale Europeo, su incarico del quale, in qualità di esperto nazionale, si era trasferito nella sede di Bruxelles. Dopo la condanna disposta in sede penale - 2 anni di reclusione con le accuse di truffa a in danno dello Stato e falso in atto pubblico - ora è arrivata anche la stangata contabile: l'ex dipendente ha già restituito 81.537 euro alla Banca d'Italia, ma non è finita.

I giudici hanno stabilito che risarcisca anche il Cese, con altri 152.856, cifra ottenuta in modo irregolare, gonfiando le spese di trasferta.

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GLI EMOLUMENTI

I giudici contabili hanno calcolato gli importi incassati e non dovuti dall'imputato: 64.898 euro per la maggiorazione dell'assegno di sede estera, corrisposti dalla Banca d'Italia per «i costi di alloggio sostenuti dal dipendente», una spesa mai dimostrata dall'imputato nonostante le ripetute richieste avanzate dall'ente; 11.192 euro per il «trasporto masserizie», liquidati dalla Banca d'Italia in occasione del trasferimento da Bruxelles a Venezia; 5.445 euro per «indebiti emolumenti stipendiali riferiti al periodo che va dal 5 novembre 2013 al 29 gennaio 2014, durante il quale si è assentato ingiustificatamente dal servizio». Poi ci sono i 152.856 di compensi e rimborsi corrisposti dal Cese, che sarebbero dovuti essere riversati all'Istituto di appartenenza, visto che la cifra comprendeva anche l'indennità di soggiorno per la quale la Banca d'Italia aveva già pagato.

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LA CONDOTTA

I giudici sottolineano che l'imputato ha agito «con una condotta palesemente dolosa», ottenendo in modo indebito «una maggiorazione dell'assegno di sede, non avendo dimostrato di aver effettivamente sostenuto le spese addotte per la locazione dell'immobile e per effettuare il trasloco» e «non restituendo gli emolumenti non spettanti, corrisposti in costanza di assenza ingiustificata dal servizio, né riversando le cospicue somme indebitamente percepite dal Cese».

 

Nella sentenza penale si legge che dalle indagini è emerso che, a Bruxelles, mentre intascava il contributo per l'affitto, il dipendente aveva «trasformato il proprio studio in un alloggio, con effetti personali e con la porta ermeticamente chiusa per impedire l'entrata». E non è tutto: mentre risiedeva in ufficio, ovviamente fuori dall'orario di lavoro, si sarebbe anche fatto pagare gli straordinari. Analizzando gli orari di entrata e uscita dalla sede del Cese, infatti, «risulta l'effettuazione di ore di lavoro straordinario eccessive, che non corrispondo neanche agli orari di apertura dell'ufficio», scrivono i giudici. Per questi motivi i magistrati hanno ritenuto «dolosa» la condotta dell'imputato e disposto la condanna.
 

Ultimo aggiornamento: 5 Giugno, 09:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA