Si scambiavano i badge, anche se non erano in servizio, per maturare il diritto all’indennità speciale. Peccato che i tre “furbetti” del cartellino, finiti a processo per truffa davanti al Tribunale di Roma, lavoravano proprio alla Corte dei conti, dove si perseguono i dipendenti pubblici accusati di danno erariale.
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LE INDAGINI
A processo per il presunto raggiro è finito Fabio Zambelli, 62 anni, funzionario della Corte dei conti e fratello di Gianfranco Zambelli, ex consigliere regionale del Lazio in quota Pd e tra gli organizzatori della “lista Rocca”. Insieme a Zambelli, sono stati “pizzicati” Antonella Pizzella, 58 anni, collaboratore amministrativo della Corte dei conti, e Maurizio Vaccaro, 69 anni, impiegato e tesoriere di un’organizzazione sindacale interna al palazzo di via Baiamonti. Le indagini, svolte dai carabinieri della stazione Trionfale con l’ausilio dei colleghi di stanza alla Corte dei conti, hanno consentito di trovare le prove della truffa. Sono state infatti acquisite i filmati registrati dal sistema di videosorveglianza installato presso l’edificio dove si trovano gli uffici della procura regionale del Lazio e della procura generale. Il confronto tra quelle immagini e i registri delle timbrature dei soggetti interessati ha incastrato i tre “furbetti” del cartellino, portando alla luce i loro movimenti volti a procurarsi ingiusti profitti.
Nello specifico, tra marzo e aprile del 2018, Fabio Zambelli aveva utilizzato il badge di servizio assegnato al fratello Gianfranco «per svariate entrate e uscite» dagli uffici di via Baiamonti (angolo viale Mazzini), dove lavorava, e «faceva così risultare di essere in servizio». L’ex consigliere della Regione Lazio, infatti, è un funzionario amministrativo della Corte dei conti in aspettativa non retribuita. Così facendo, Fabio Zambelli «si procurava un ingiusto profitto, valutato in 969 euro, con pari danno per l’Amministrazione», si legge nel capo di imputazione firmato dal sostituto procuratore Laura Condemi.
Gli altri due imputati, invece, si scambiavano i badge tra di loro. Questo escamotage, grazie alla complicità del collega Vaccaro, serviva ad attestare la presenza al lavoro di Pizzella per il raggiungimento delle ore necessarie per poter ottenere un’indennità speciale. Lo scambio avveniva sia in entrata che in uscita, ed è stato collocato dalla Procura capitolina nel lasso temporale compreso tra il 7 marzo e il 10 aprile del 2018. L’ingiusto profitto in favore della donna è stato quantificato dai carabinieri in oltre 2.200 euro.
Si tratta di somme che adesso proprio i magistrati della Corte dei conti potranno richiedere indietro ai loro dipendenti infedeli, per il danno erariale provocato all’amministrazione. La persona offesa è stata infatti individuata nello Stato italiano, nella persona del presidente del Consiglio pro-tempore.
IL PRECEDENTE
Fabio Zambelli nel 2013 era già finito a processo per falso, truffa e peculato. Nel dicembre del 2010 la macchina di proprietà del figlio era stata sanzionata per essere passata con il rosso. Il padre, per evitare di far perdere punti al ragazzo, aveva compilato una dichiarazione in cui attestava che alla guida dell’auto c’era una terza persona. Si trattava proprio di Gianfranco Zambelli, suo fratello, che in aula ai tempi aveva confermato la versione spiegando di essere passato con il rosso perché era in ritardo rispetto a un appuntamento istituzionale.