Per più di un anno si è assentato regolarmente dal lavoro, dicendo di essere malato e presentando certificati medici che attestavano una patologia invalidante. Peccato che, almeno da quanto è emerso dalle indagini e dai processi, nessun dottore lo avesse realmente visitato. Quei documenti, 63 in tutto, sono risultati falsi. E così un maresciallo dell’Aeronautica Militare, quando aveva 43 anni, per mesi è riuscito a intascare lo stipendio nonostante fosse rimasto a casa a riposarsi, oppure stesse facendo i propri comodi invece di prestare servizio.
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IL MEDICO
A smentire il militare, il suo medico di fiducia che, apparentemente, aveva firmato i certificati: ai magistrati ha detto di non avere mai siglato quei documenti e di non avere nemmeno visitato l’imputato, apparentemente affetto da «lombalgia» e, in alcuni casi, anche da «sindrome influenzale», come si legge negli atti sequestrati. L’imbroglio era emerso quando i superiori del militare avevano chiesto informazioni al capo infermeria su uno delle attestazioni, che riportava la sua intestazione: aveva dichiarato di non avere visitato «da molto tempo» l’uomo, e aveva anche escluso di avergli «rilasciato referti di recente». I fatti risalgono al periodo che va dal settembre 2015 all’aprile 2017.
LA DIFESA
Il militare si è difeso davanti ai giudici dicendo che non era stata valutata la patologia di cui era affetto. Ha anche chiesto una perizia calligrafica sui certificati per dimostrare di non averli falsificati. Ha poi ipotizzato che a compilare i documenti fosse stata la segretaria del medico, una tesi che, secondo i magistrati, è «inverosimile e priva di riscontro». L’uomo ha ammesso «di avere richiesto e ritirato certificati di malattia senza sottoporsi a visita». Secondo i giudici, però, non è credibile che la segretaria, «di sua iniziativa e all’insaputa del medico, si fosse addirittura avventurata – priva delle necessarie competenze e senza ragione alcuna - a formare referti contenenti diagnosi e prognosi mai elaborate dal dottore».
LE MOTIVAZIONI
I giudici, nel motivare la condanna, sottolineano che «il ricorso ai certificati apocrifi» ha permesso al maresciallo di ingannare l’amministrazione militare e di «percepire indebitamente le retribuzioni». L’uomo avrebbe simulato una patologia «allo scopo di sottrarsi ai servizi inerenti lo status di dipendente pubblico ricoperto nell’ambito dell’organizzazione militare, tenendo una condotta ingannevole, con ricorso a mezzi fraudolenti idonei a indurre in errore i superiori gerarchici e gli organi addetti al servizio amministrativo». In questo modo, oltre a percepire un vantaggio ingiusto, avrebbe anche procurato un danno economico al ministero della Difesa.
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