Roma, banda dei narcos di Carlomosti. Il pm chiede 145 anni: «Fucili, droghe e torture ai debitori»

Il “Cecato”: «Quelli sono brutti forte». Volevano conquistare le piazze di spaccio

Mercoledì 29 Marzo 2023 di Michela Allegri
Roma, banda dei narcos di Carlomosti. Il pm chiede 145 anni: «Fucili, droghe e torture ai debitori»

Erano crudeli, in grado di ricoprire una stanza di teli di plastica e trasformarla in una camera delle torture, dove seviziare chi non pagava i debiti di droga. Ora per la banda di narcos capeggiata da Daniele Carlomosti la Procura chiede il conto, ed è pesante: il pm Edoardo De Santis ha sollecitato condanne per 145 anni di carcere per 13 imputati.

Parlando del gruppo, nel 2013, addirittura Massimo Carminati diceva al suo braccio destro Riccardo Brugia: «Quelli sono brutti forte». Per il capo della banda il magistrato ha chiesto 20 anni. Rischia invece 10 anni e 8 mesi il suo braccio destro, Armando De Propris, padre di uno dei killer di Luca Sacchi, il personal trainer romano ucciso nel 2019.

Baby gang a Roma, picchiati clochard e bengalesi: in 5 a processo per «furto, minacce e lesioni»

IL DIABLO

Anche Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, uno dei narcos più potenti di Roma, ucciso con un colpo di pistola al parco degli Acquedotti, portava rispetto. Dall’ordinanza di arresto a carico della banda, emessa nel maggio 2022, emerge che il Diablo aveva chiesto a Carlomosti l’autorizzazione per spaventare un debitore. Il gip Tamara De Amicis aveva elencato gambizzazioni, tentati omicidi, minacce, estorsioni. Ma aveva sottolineato che i nuovi signori della malavita, che volevano conquistare le piazze di spaccio partendo dal quartiere La Rustica, stavano attenti a non pestare i piedi sbagliati. Uno dei collaboratori più fidati di Carlomosti, Fabio Pallagrosi - per lui, assistito dall’avvocato Alberto Fortino, il pm ha chiesto 16 anni -, si sarebbe rivolto ai familiari di Michele Senese per avere l’autorizzazione a togliere di mezzo un debitore che un tempo era stato vicino alla famiglia del boss. Aveva raccontato ai suoi di non avere ottenuto solo il via libera - sottolinea il gip -, ma anche un consiglio: farlo fuori utilizzando uno «stiletto».

LA STANZA

Il debitore era stato sequestrato e rinchiuso in una stanza rivestita da teli di plastica, per non lasciare tracce di sangue. Gli imputati - Carlomosti, Pallagrosi e De Propris, accusati anche di tortura - non sapevano nel cellulare di uno di loro gli inquirenti avevano piazzato un trojan che ha consentito ai carabinieri di ascoltare in diretta le sevizie. Era l’11 dicembre 2018. La vittima era stata legata, spogliata, costretta subire violenze. «Basta Daniè... Mi gira la testa - implorava - mi stai ammazzando». I carcerieri, intanto, gli dicevano di avere a disposizione ogni tipo di arma: pistole, kalashnikov, ma anche forbici, un trapano. L’uomo era stato fotografato e filmato, e gli scatti erano stati inviati ai suoi familiari, chiedendo un riscatto. «Ti taglio a pezzi e vado a prendere i soldi dalla famiglia tua - sono alcuni dialoghi intercettati - ti sto ammazzando».

Tra gli episodi contestati a un altro indagato, Daniele Fabbrini - rischia 13 anni e 4 mesi - c’è un recupero crediti violento: la vittima sarebbe stata obbligata a consegnare tre orologi di lusso e un’auto. Rischia la condanna - 8 anni e 8 mesi - anche Romina Faloci, moglie di Carlomosti. La sentenza sarà in luglio.

Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 16:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA