Allarme riciclaggio a Roma, i soldi ripuliti dalla mala con cinema e pescherie

La relazione della Dia sulle infiltrazioni dei clan nella Capitale

Venerdì 14 Aprile 2023 di Camilla Mozzetti
Allarme riciclaggio a Roma, i soldi ripuliti dalla mala con cinema e pescherie

Sempre «più complesse e sofisticate» le operazioni di riciclaggio che la criminalità organizzata affina con l'unico scopo di migliorare «le proprie capacità di reinvestimento dei proventi illeciti». E sì, la ndrangheta si conferma «l'assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d'influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni», Lazio compresa. È questa la sintesi dell'ultima relazione della Direzione investigativa antimafia che su scala nazionale e di riflesso regionale mette nero su bianco le proiezioni della criminalità organizzata in Italia. Roma, il suo hinterland, il litorale così come le altre province del Lazio non sono naturalmente esenti dai fenomeni criminali che si manifestano con quelle classiche "vocazioni" tra cui il traffico internazionale di stupefacenti, le estorsioni e l'usura, ma non solo.

Perché a fronte di un aumento di proventi è necessario trovare sempre nuovi canali che permettano la pulizia del denaro sporco.

Auto clonate e rivendute ad ignari acquirenti. Su internet erano “grandi occasioni” con carte di circolazione contraffatte

IL SISTEMA

«Un importante indicatore dei possibili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei canali dell'economia legale - si legge nel rapporto relativo al primo semestre 2022 - è costituito dal sensibile incremento dei profili di anomalia riscontrati nelle movimentazioni e nelle transazioni finanziarie» e nel primo semestre dello scorso anno nel Lazio sono state registrate «oltre 600 segnalazioni di operazioni sospette in più rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente» con la Città metropolitana di Roma che presenta «dati in constante aumento». Su questo i calabresi lo hanno dimostrato com'è possibile infiltrarsi nel sistema legale per ripulire i proventi e per allargare il proprio potenziale, stanziandosi come un cancro nel Lazio e nella Capitale e replicandosi proprio come fanno le metastasi. Lo hanno accertato i carabinieri nel febbraio dello scorso anno quando sul litorale, ad Anzio e Nettuno, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia furono arrestate 65 persone nell'operazione "Tritone". Da Santa Cristina d'Aspromonte una locale di ndrangheta si era insinuata nel territorio sotto l'egemonia di quei pezzi da novanta dei Gallace e Madaffari e perseguiva i propri interessi illeciti tramite «la gestione e il controllo di attività economiche in vari settori: dall'ittico alla panificazione, dalla gestione dei rifiuti - prosegua la Dia - al movimento terra». Senza contare le infiltrazioni nelle amministrazioni comunali di Anzio e Nettuno (sciolti poi per mafia) che scrisse il gip nell'ordinanza di custodia cautelare si sarebbero concretizzate con l'aggiudicazione di appalti «ricorrendo, dove necessario, all'intimidazione con modalità mafiose». "Antesignano" del metodo - ovvero delle infiltrazioni per riciclaggio - un altro boss di ndrangheta, quel Vincenzo Alvaro che, con ampi trascorsi già alle spalle, nel maggio del 2022 rientrò in un'altra maxi operazione della Dia con il supporto di polizia, carabinieri e guardia di finanza. Oltre ai 7 arresti, l'operazione "Propaggine" che attestò l'esistenza di una "locale" su Roma, portò al sequestro preventivo di 12 società ed imprese individuali «di recentissima costituzione e fittiziamente intestate del valore complessivo di 100 milioni di euro». Si andava dalle pasticcerie, ai forni, ai magazzini e rivenditori di pesce.

FILM E VINI

A capire quanto giova infiltrarsi e diversificare i metodi anche la camorra: a marzo del 2022 sempre carabinieri e guardia di finanza portano a dama l'operazione "Nuovo cinema criminale": gli arrestati riciclavano «i proventi illeciti del clan D'Amico-Mazzarella mediante le produzioni di un'azienda cinematografica» e per queste attività «gli indagati avrebbero fatto anche affidamento sulla collaborazione di un'azienda vitivinicola che avrebbe "girato" alla società di produzione le ingenti somme ricevute dal sodalizio a titolo di sponsorizzazione di opere cinematografiche». Poi nella criminalità che conta ecco gli albanesi organizzati su «vincoli familiari, riti di affiliazione e codici consuetudinari tali da creare non poche similitudini con le ndrine calabresi». Ci fanno affari insieme, più per la droga mentre ad imporsi sempre nel riciclaggio pure i cinesi che chiedono attenzione anche per il «trasferimento fraudolento di valori con numerose operazioni frazionate o "sotto soglia" al fine di aggirare le normative antiriciclaggio». Il fenomeno, da ultimo che pure interessa la Capitale, della cosiddetta "underground bank", ne è una prova. E resta alta l'attenzione per evitare infiltrazioni sull'uso dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

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