Il futuro che manca/ Capitale abbandonata, ma la politica dov’è?

Martedì 10 Luglio 2018 di Paolo Graldi
La guerra tra gli stracci, là dove il degrado è un inferno e la violenza un fattore permanente, ha fatto un’altra vittima.
Bilancio provvisorio di una rissa tra clochard, davanti al Miur, il ministero della Pubblica Istruzione, al confine di Trastevere, centro di Roma. 
La polizia è intervenuta a sangue già freddo, grazie a una segnalazione. A terra il cadavere di un rumeno di 54 anni massacrato a bastonate e bottigliate, un altro agonizzante. Altri sono ricercati, come da copione. 
Sì, perché l’elenco dei delitti di strada tra senzatetto, vagabondi che si trascinano spesso ubriachi e malmostosi in cerca di uno scatolone come riparo per la notte, si fa impietosamente lunga. Si ritrovano in gruppetti, bivaccano, bevono, litigano, ed ecco scatenarsi per i motivi più vari, quasi sempre futili, la ferocia di comportamenti più assurdi. 
Non di rado ci scappa il morto accoltellato, finito a sprangate, dissanguato per le ferite dei colli di bottiglia usati come arma impropria e micidiale. Le statistiche ci rassicurano, Roma città senza rischi. 
La percezione, che pure ha un valore con una sua concretezza non immaginaria, ci narra di una Capitale dove con la notte e la scarsa illuminazione scende un piccolo popolo di gente che gioca alla guerriglia, che s’infiamma per uno sguardo di traverso a una ragazza, per un apprezzamento di troppo in discoteca ma anche al bar all’aperto, raduno di tiratardi muscolari e palestra, tipo Spada di Ostia o giù di lì. 
Un tempo era il gioco della Zecchinetta ai banchi dei cocomeri, gioco di malavita, duro e puro tra chi sta sopra e chi sotto, fino alle estreme conseguenze, a coagulare personaggi equivoci, brutti e indegni eredi di quei Rugantini della Roma romantica e papalina dove era il boia a mettere fine ai dissidi amorosi. 
Anche i luoghi della movida si accendono di tensioni avvelenate: da Trastevere, ossia piazza Trilussa, piazza san Cosimato, fino al Gianicolo, per arrivare dalla mezzanotte in poi agli schiamazzi di piazza Campo de’ Fiori dove i resti delle bevute dilagano riducendo i celebrati sampietrini in un tappetto di cocci taglienti. 
Le serene serate del ponentino sono rimaste sui depliant dei ristoranti con i tavoli all’aperto. 
Ci si chiede se quest’ombra lunga di ansia non sia determinata anche dalla percezione di una insufficiente azione di vigilanza, di una deterrenza attenuata dalle scarse forse in campo, da un rigore nella risposta di legalità annacquato da un lascia correre che è meglio, lo stesso che alla fine dei conti peggiora e di molto il clima complessivo. Un clima rarefatto dove i problemi, le piaghe anche le più radicate come la colonia dei clochard (calcolati in 7500 più un numero impreciso di pendolari della panchina) ristagnano senza mai trovare piani, progetti e soluzioni: tutto viene considerato dalle autorità come non visibile, come impossibile da rimuovere, come inutile da combattere. 
Su questa “cultura” irresponsabile s’insinua il giudizio, non sempre appropriato e tuttavia neppure peregrino, di una città abbandonata a sé stessa, che di notte abbassa le luci diventando una sterminata zona grigia di penombra anziché risplendere di una luce sfavillante, capace di combattere il buio che è complice delle malefatte ed esaltare le bellezze di cui è beneficiaria. 
Le buche e le sterpaglie di stagione – da adesso esposte al divampare degli incendi con la complicità della calura – completano il quadro che va a confliggere con i buoni propositi delle associazioni datoriali, esauste ma non vinte, le quali hanno chiamato in causa la prestigiosa Fondazione Ambrosetti affinché sia completato un progetto di lunga visione sul futuro della Capitale.
Una Capitale in competizione con le altre grandi metropoli del mondo, che si sono già ampiamente attrezzate per quelle che chiameremo le olimpiadi permanenti del futuro prossimo venturo. 
Ci sono le idee di prospettiva, le intelligenze creative e realizzative, la progettualità sui diversi e complessi fronti nei quali si dispiegherà il futuro che è già tra noi. 
Un piano anti-declino orgoglioso e ambizioso che ha tuttavia bisogno di una sponda fondamentale: la politica. La politica intesa come competenza, visione, capacità di progettare e realizzare, come macchina sensibile capace di accogliere le esigenze di una popolazione mutante, prosciugando le piaghe del malessere, sia esso in periferia che nel centro storico. 
Se il pane quotidiano è nero sul versante della risposta alla rovente attualità c’è da dubitare che si riesca ad attrezzare la città verso la grande sfida. 
Ma è decisivo tenere il punto. Se per ogni rissa sanguinosa tra clochard, per ogni guerriglia di movida, per ogni morto per una buca non riparata ci limiteremo ad allungare di una tacca la guerra tra gli stracci avremo solo fatto bassa ragioneria del presente. Senza neanche vergognarcene.
Ultimo aggiornamento: 10:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA