Roma, crolla palazzo a Ponte Milvio, il dramma dei 120 senzatetto

Domenica 25 Settembre 2016 di Rosalba Emiliozzi
Roma, crolla palazzo a Ponte Milvio, il dramma dei 120 senzatetto
Con lo sguardo, dalle grate dell'oratorio della chiesa Gran Madre di Dio, fissa le macerie della sua casa sbriciolata. «Ho perso tutto - dice un anziano - tutto, ma sono qui ancora vivo». Vicino, muta, un'altra inquilina, che ha avuto meno danni, è come imbambolata. E' seduta su una sedia e ascolta le parole di uno psicologo. E' stato lui ad avvicinarla, ha capito che la sua non reazione poteva essere un campanello d'allarme e ha offerto sostegno con una squadra di specialisti volontari dell'associazione intitolata ad Alfredino Rampi, il bambino morto a Vermicino nel 1981.
IL TEAM
Ieri mattina un team di psicologi era in via della Farnesina per assistere le persone del palazzo crollato. Erano smarrite, disorientate, quasi incredule, in questa miscela esplosiva di sentimenti si è inserito il supporto emotivo-psicologico, sotto la guida di Michele Grano, vice presidente degli psicologi delle emergenze dell'associazione Rampi, che sta operando anche tra i terremotati di Amatrice.
LO STATO D'ANIMO
«Tra le persone sfollate, i familiari e gli amici abbiamo trovato diversi stati d'animo - dice lo psicologo Grano - per la perdita della casa c'è sconcerto e una incredulità rispetto a ciò che è successo, per loro è difficile da accettare che una cosa del genere possa essere accaduta nel centro di Roma». Cioè in una zona considerata sicura, protetta. «In più c'è la paura legata ad altri crolli che si potrebbero verificare durante il recupero degli oggetti personali» prosegue Grano.
Nell'animo degli sfollati - in una gran parte di loro - qualcosa si incrina nel momento in cui si è costretti ad abbandonare la propria casa che «rappresenta sicurezza, stabilità, affetti - spiega lo psicologo - poi i rumori, le urla nella notte sono qualcosa di difficilmente superabile». Il lavoro della squadra di psicologi sta tutto nel ricucire, nel far «riuscire a contattare le proprie emozioni, questo già scongiura i rischi di vedere aumentare il trauma, che poi può sfociare in una sintomatologia più grave».
IL NERVOSISMO
Tra i 120 sfollati di via della Farnesina ieri erano palpabili rabbia e nervosismo, ma anche un senso di perdita profonda. Molti hanno condiviso tra loro lo smarrimento, per alcuni è bastato, per altri no. «Abbiamo trovato un'ottima rete sociale - dice Grano - e la parrocchia fin da subito ha messo a disposizione i locali, questa solidarietà tra vicini crea anticorpi utili». Quelli che poi non ti fanno scoppiare l'ansia e il senso di angoscia.
IL DISAGIO
Gli psicologi sul posto hanno avvicinato gli sfollati e cercato di capire chi aveva effettivamente bisogno del loro intervento, quello che poi «serve per elaborare il trauma». La gran parte dei senzatetto ha trovato un appiglio nello loro parole, altre persone più strutturate avevano risorse proprie per andare avanti. «La cosa più importante è esserci - conclude Grano - far sentire alle persone che non sono abbandonate, che non sono sole, che c'è qualcuno che si prende cura di loro».
IL SERVIZIO
Ieri la squadra di psicologi ha anche affiancato i vigili del fuoco che con gli inquilini sono andati a recuperare oggetti personali nelle case sgomberate, un supporto utile e umano nel caso la confusione di sentimenti accenda la rabbia, ma ieri «tutte le persone sono state calme e ragionevoli - dice Grano - al contempo abbiamo cercato di dare anche informazioni pratiche su come fare, ad esempio, a reperire gli oggetti personali».