Roma brucia, 50 roghi al giorno: «Origine quasi sempre dolosa»

Mercoledì 5 Luglio 2017 di Mauro Evangelisti
Roma brucia, 50 roghi al giorno: «Origine quasi sempre dolosa»

In Regione c'è già pronto il decreto che proclama lo stato di calamità naturale per la siccità che consente di chiedere al governo la dichiarazione dello stato di emergenza. Nel mese di giugno gli incendi sono triplicati rispetto allo stesso mese del 2016. C'è un filo che unisce le due cose, quello che fa dire, con un paradosso (ma neanche tanto), a Carlo Rosa, responsabile della protezione civile regionale: «Se va avanti così, prima o poi non avremo neanche l'acqua per spegnere gli incendi». Che l'assedio del fuoco stia circondando Roma ormai è evidente: ieri l'autodemolitore a Pietralata, l'altro giorno il rogo alla pineta di Castel Fusano che ha bloccato anche i treni della Roma-Lido, nelle settimane passate decine di incendi di sterpaglie e vegetazione, ma anche le fiamme nel deposito dei cassonetti dell'Ama a Tor de' Cenci.

SENZA SOSTA
Partiamo dai numeri: a giugno gli incendi censiti dalla protezione civile sono stati 1.000. Nel 2016 furono 300, dunque sono triplicati, anzi di più. Gli elicotteri in tutto il Lazio si sono alzati in volo 141 volte per spegnere degli incendi, nella metà dei casi per roghi a Roma e nel suo hinterland. C'è una immagine con cui ogni giorno i romani si stanno abituando a convivere: l'enorme colonna di fumo scuro. Ieri, ad esempio, non è successo solo nell'inferno di Pietralata, ma anche nella parte opposta della città, a Osteria Nuova, nord di Roma. Secondo gli esperti, nella maggioranza dei casi c'è il dolo ad alimentare gli incendi; in altri casi ci sono comportamenti scorretti, come il grande classico di chi butta una cicca ancora accesa. «Ma sia chiaro, la parte di incendi causati in modo doloso è preponderante - dice Rosa -, la mano dell'uomo, se contiamo anche la colpa, c'è quasi sempre. Le ragioni sono varie ed eterogenee: in alcune zone possono essere legate alla pastorizia, in altre alla caccia. C'è poi il caso di Castel Fusano: lì ogni anno abbiamo almeno trenta inneschi, con una tecnica raffinata per dare fuoco. E devo dire che io stesso fatico a capire perché lo facciano, visto che comunque lì non si potrà mai costruire». A Castel Fusano, come in altre zone, c'è anche il problema degli accampamenti abusivi che possono avere un ruolo nello sviluppo degli incendi.
Ma perché quest'anno succede tre volte di più del 2016, impegnando senza sosta anche i dieci elicotteri della protezione civile regionale e i Canadair dei vigili del fuoco? Per due motivi: la combinazione siccità-terreno secco-mancanza di pioggia favorisce la diffusione del fuoco; inoltre, ormai non si fa più manutenzione, l'erba viene lasciata crescere sui cigli delle strade: Roma Capitale è in ritardo su questo fronte e fuori dai confini gli altri comuni sono in difficoltà, mentre si è perso il ruolo della provincia. Racconta Carlo Rosa, un passato nei vigili del fuoco: «Questa siccità comporta che la vegetazione sia secca e dunque va più facilmente a fuoco. E le risorse idriche per spegnere gli incendi sono sempre di meno». C'è infine uno scenario tutto romano che quest'estate, soprattutto nei quartieri a sud, si è aggravato, quello che fa conteggiare ogni giorno ai vigili del fuoco almeno 120-130 interventi e che va oltre ai semplici roghi di sterpaglie: gli incendi notturni di cassonetti e automobili. E in questo caso la siccità c'entra poco. Tra impianti dei rifiuti che vanno a fuoco, autodemolitori e roghi di ogni tipo (non solo nella Capitale) si alimenta il timore che vi sia un intreccio di interessi criminali su cui le indagini sono ancora in corso.

LA SOLUZIONE
Chiosa il presidente della Regione, Nicola Zingaretti: «Spegnere gli incendi non può essere la sola soluzione, bisogna tutti insieme intensificare la prevenzione con i Comuni, i controlli e la durissima repressione: qualche piromane in più arrestato sarebbe un segnale, visto che la maggior parte degli incendi è di origine dolosa».
 

Ultimo aggiornamento: 08:01