Ostia: bar e locali, un impero costruito con l'usura

Venerdì 10 Novembre 2017 di Alessia Marani
Ostia: bar e locali, un impero costruito con l'usura

La Ostia piegata dalla mala e quella che tenta lo scatto d'orgoglio. Le vie allagate e piene di buche che portano al Bronx di piazza Gasparri e lo sfavillante salone delle feste del ristorante La Vecchia Pineta, quello scelto dalla produzione di Suburra come la residenza del clan Adami che sul set si contende il potere con gli zingari Anacleti. «È l'unica malavita organizzata che conosco, quella della fiction, perché a Ostia non c'è», taglia corto Patrizia Fumagalli, una dei proprietari. Vista da qui la Nuova Ostia, il feudo degli Spada, appare lontana, quasi un'enclave tra i palazzoni popolari. Invece quei metodi mafiosi contestati al clan entrano nei gangli dell'economia della Ostia buona, si prendono locali e negozi, spaventano cittadini e imprenditori. Secondo un sondaggio (anonimo) commissionato dall'Ascom nel 2016 su un campione di 560 negozianti del X Municipio (Ostia, Casalpalocco, Acilia) almeno 300 denunciano che usura ed estorsioni sono in aumento, tutti ne confermano l'esistenza.
 

 

LE DIFFERENZE
«Ma una cosa è l'usura - precisa il presidente dell'associazione, Armando Vitali - un'altra il pizzo. Con convinzione dico che non c'è racket a Ostia e che i casi di estorsione partono tutti dall'usura e dalle difficoltà economiche dei singoli. Chi vuole aprire un'attività a Ostia deve sentirsi tranquillo». I commercianti condannano la violenza, «ingiustificabile», ma ce l'hanno con «il terrorismo mediatico». Sembra assurdo ma queste parti i giornalisti, vuoi o non vuoi, fanno paura a tutti. Più dei banditi. Non al tabaccaio che nel 2014 denunciò i suoi estorsori, Carmine Romoletto Spada e il compare Emiliano Belletti, Alvaretto. Che oggi, sostenuto da Libera, a schiena dritta dietro al suo bancone afferma convinto: «Ho fatto un percorso faticoso ma per cui ne è valsa la pena, perché denunciare è l'unico modo di dire basta a queste prepotenze. Lo rifarei senz'altro e invito tutti a essere più coraggiosi». Da lui Spada & Co. pretendevano 270mila euro per presunte giocate mai riscosse.

I METODI
Ma a Ostia il modus operandi degli estorsori ha più variabili. Tipo: il tuo negozio è in difficoltà, non ce la fai più ad andare avanti, si fanno avanti persone apparentemente pulite per gestirlo, la proposta sembra invitante e invece ecco che il negozio te lo portano via, niente più soldi, niente più locale. «L'aria di mafia qui ancora si respira. Quel modo di fare, alla Io faccio così e allora tu che me fai?, quel tirare fuori le pistole e vediamo tu che poi fa' con aria di sfida e da intoccabili - allarga le braccia Don Giovanni Falbo, parroco di Santa Monica, la chiesa di confine - nonostante le inchieste e qualche malavitoso finito in galera, proprio non si riescono ad arginare. Bisogna fare di più».

C'è un'altra chiesa ospitata nei bassi di via Baffigo, locali destinati a negozi. Non c'è portone ma un ingresso ricavato sotto le saracinesche. San Vincenzo de' Paoli, alla Nuova Ostia, doveva sorgere su un terreno che invece è stato occupato abusivamente per decenni e sequestrato solo nel 2013 all'indomani dell'inchiesta sull'affidamento dei chioschi sulle spiagge che portò all'arresto del direttore dell'Ufficio tecnico, oltre che di Armando Spada, cugino del boss Romoletto. «Il vecchio parroco, don Marcello, è stato costretto ad andarsene per la disperazione, l'hanno mandato fuori di testa - racconta una parrocchiana - gli andavano sotto con i coltelli, volevano soldi, non lo lasciavano in pace. Entravano tutti e spadroneggiavano».

Lo scorso anno è arrivato don Josè, prima di lui don Miguel. «Tutti stranieri, nessuno vuole venire qui». Per un periodo la chiesa non ha avuto un don: «Hanno mandato un diacono più risoluto, una specie di commissariamento», come la Ostia commissariata per mafia.

Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 00:00