Roma Termini tra violenze, rapine e spaccio: «È la terra di nessuno»

Sabato 17 Dicembre 2022 di Alessia Marani
Roma Termini tra violenze, rapine e spaccio: «È la terra di nessuno»

Lavorare con la mazza da baseball sotto al bancone. Da qualche giorno le ragazze dello storico Bar Nori all'angolo con via Cavour sotto i portici a due passi dalla stazione Termini guardano a quell'oggetto cult nel locale come a un'arma da difesa.

Raccontano che la sera «chiudiamo non più tardi delle 20, perché dopo è un incubo uscire». E che «per fare le pulizie interne, ci chiudiamo dentro perché abbiamo paura che qualche ubriaco o drogato entri per rapinarci o solo per darci fastidio. A pulire non passa nessuno ed è pieno di topi». Sotto i portici ha trovato riparo il popolo dei desperados che albergava nel sottopasso Turbigo. «Li hanno sfrattati da lì ma si sono semplicemente spostati e per noi e per tutti i turisti che passano di qua la situazione è diventata drammatica», dice Monica mente serve il caffè. I primi accampati erano arrivati già mesi fa, «ma ora sono a decine: litigano tra di loro, si drogano, abbiamo assistito a scene di sesso in pieno giorno e la mattina ad aprire il bar alle 4,30 e a lavare il pavimento con acqua e candeggina mandiamo gli uomini, perché per noi è troppo pericoloso». Ne sa qualcosa Islam, 44 anni, originario del Bangladesh e in Italia da 12 anni.

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Con tanta fatica e sacrificio ha rilevato l'edicola/bazar ai piedi del Museo Nazionale Romano. Ma quel piccolo sogno imprenditoriale sta naufragando nel degrado. Allarga le braccia e mostra la favela alle spalle del suo chioso mentre mostra i segni del metallo eroso dalle urine e quasi ha le lacrime agli occhi spiegando che «tutte le mattine vado a prendere le bottiglie d'acqua per ripulire gli escrementi umani lasciati qua davanti. I turisti e i pendolari che debbono accedere alla metro sono inorriditi, hanno paura e non acquistano più. Sarò costretto a chiudere». Per sette anni Islam ha lavorato in un locale di un italiano in via Marsala «senza nemmeno riposare un giorno e quando ha fallito non mi ha dato la liquidazione. Solo dopo tanta fatica mi ha concesso in affitto questo posto. Ma così è impossibile e pericoloso lavorare».

Ieri il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi che fino a poco fa era stato il prefetto di Roma e la realtà attorno Termini, fino all'Esquilino, la conosce molto bene, a colloquio con i sindaci della Capitale, di Napoli e Milano ha prospettato «azioni più incisive per aggredire i fenomeni di criminalità nelle aree urbane intorno alle stazioni. Negli ultimi anni un faro su Termini era stato già acceso. «Rispetto a prima - spiega Alessia commessa della pasticceria Massari nell'atrio della stazione - i controlli sono stati rafforzati, io lavoro qui da 15 anni e so riconoscere che in borghese ci sono molte forze dell'ordine. Fino a qualche anno fa qui c'erano batterie di ladri in giro che ora non si vedono più. Non mi sento insicura». Lo scenario, tuttavia, cambia già sul piazzale esterno e non appena i presidi della polizia vengono meno. «Dopo le 23 quando la volante lascia il piazzale cominciano le risse a bottigliate tra clochard e tossici-spacciatori - raccontano gli autisti dell'Atac - molte volte ci finiamo in mezzo, abbiamo subito aggressioni verbali e non. I turisti sono spaventati e qui diventa terra di nessuno». Si sente uno strano fischio in lontananza. «È un ragazzo del Gambia che ha problemi psichici - spiega una negoziante - ogni tanto balla e canta tra la gente ferma ad aspettare i bus».

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«CHIAMI IL 112»

Di fronte al disagio mentale mancano risorse e strumenti efficaci. Chi sta male, spesso, rifiuta l'accoglienza offerta dai servizi sociali e non resta la strada estrema del Tso, il trattamento sanitario obbligatorio, che può essere disposto solo da medici psichiatri della Asl, pochi e non sempre puntualmente reperibili. Ed ecco così che a emergenza si aggiunge emergenza. Sparita anche la camionetta delle forze dell'ordine che era sul piazzale lato via Cavour. «Anche se gli agenti erano all'interno e quando chiedevamo loro di intervenire ci dicevano di rivolgerci ai vigili», spiega Monica, altra dipendente del bar Nori. Sembra impossibile ma è successo anche altro. «Una volta - aggiunge la donna - sono andata al commissariato qua vicino per sollecitare un'azione contro questo degrado e mi è stato risposto che avrei dovuto chiamare il 112! Ebbene, ho chiamato e quando dalla centrale mi hanno chiesto dove fossi e ho risposto, pensavano che li stessi prendendo in giro».

Ultimo aggiornamento: 13:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA