Rieti, sorpresi a coltivare marijuana a casa ma assolti: «Non penalmente rilevante»

Martedì 8 Dicembre 2020 di Emanuele Faraone
Cannabis Indica (Archivio)

RIETI - Marijuana coltivata in casa: assolta la coppia dal pollice verde.

Il tribunale di Rieti (giudice monocratico Alessio Marinelli) ha assolto - perché il fatto non sussiste - due coniugi residenti nel Comune di Borgorose, assistiti dall’avvocato Alessandro Felli del foro di Avezzano, ai quali era stata contestata la violazione della normativa antidroga che vieta e punisce la coltivazione di cannabis indica. Dunque è possibile coltivare piante di marijuana sul terrazzo di casa? In generale ovviamente no, ma nel caso specifico sì, come dimostrato dalla difesa dei coniugi, poi assolti alla fine di una lunga vicenda giudiziaria. Gli imputati, al termine di una perquisizione domiciliare effettuata dai carabinieri del locale comando stazione, erano stati trovati in possesso di una piantina in vaso di marijuana dell’altezza di 45 centimetri dalla quale erano ricavabili sei dosi e quindi rinviati a giudizio essendo vietata la coltivazione indipendentemente dalla quantità di principio attivo, considerato che è sufficiente la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine a produrre sostanza stupefacente.

La vicenda
In buona sostanza nei confronti della coppia è stata riconosciuto un grado di offensività della condotta giudicato non penalmente rilevante. All’esito dell’istruttoria dibattimentale la difesa degli imputati ha inoltre evidenziato come gli esami tossicologici compiuti dal Ris di Roma sullo stupefacente e l’esito negativo della perquisizione domiciliare (non furono rinvenuti bilancini di precisione, materiale per il confezionamento, foglie essiccate o altre dosi) fossero sintomatici di una incapacità dei fatti ad integrare la violazione contestata e così il giudice del tribunale di Rieti ha ritenuto non punibile la coltivazione della piantina, ritenendo la condotta in concreto inoffensiva, per essere questa di minima entità così da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento della disponibilità di droga e non oggettivamente prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di questa. Una sentenza che, di fatto, si conforma alla recentissima pronuncia delle Sezioni Unite del marzo 2020 sulla coltivazione in forma domestica di sostanze stupefacenti per uso personale, la quale - in maniera circostanziata - pone chiarezza sul grado di punibilità, andando a distinguere numerosi elementi dirimenti: nozione giuridica di “coltivazione”, principio di “offensività”, stato vegetativo in cui si trova la pianta, soglia minima di capacità drogante, lesività verso la salute pubblica ed altri elementi discriminanti per la configurabilità e l’integrazione del reato.

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