I ricordi indelebili su Lucio Battisti nella sua Poggio Bustone a 25 anni dalla scomparsa

Sabato 9 Settembre 2023 di Sabrina Vecchi
Lucio Battisti a Poggio Bustone

RIETI - Nell’ultimo mese, tre grandi artisti sono stati ospiti del Reatino: Giulio Rapetti “Mogol”, Nicola Piovani e Angelo Branduardi, guardando in lontananza Poggio Bustone, ha avuto un ricordo per Lucio Battisti, che scompariva il 9 settembre 1998, venticinque anni fa, a soli 55 anni.
Figura ancora inesplorata, la sua, che oscilla tra chi lo descrive come un personaggio burbero, che dopo il successo prese le distanze dal suo paese natale e chi invece lo ricorda come un ragazzo gioviale e scherzoso, forse schiacciato da una fama tanto clamorosa, ma attaccatissimo alle sue origini.

Le testimonianze. Per Mogol, era un genio: «Imparava tutto in una maniera così veloce da lasciare impressionati - ha affermato a Leonessa. - Non sapeva andare a cavallo e anche lì gli riuscì tutto così semplice che ci avventurammo nella famosa cavalcata da Milano a Roma».

Branduardi lo ha descritto come un artista rivoluzionario, capace di sperimentare sonorità mai ascoltate prima: «Peccato non aver mai avuto modo di incontrarlo o lavorarci - ha detto a Greccio - mi sarebbe piaciuto molto».

La manifestazione. Lo ricordano in tanti anche nel Reatino. La sua Poggio Bustone lo riscopre in una veste inedita e sconosciuta ai più, quella del Battisti pittore. Prevista per oggi una giornata organizzata da Comune e Pro loco, pensata per ricordare l’artista attraverso i suoi dipinti, conservati dal figlio della sorella Albarita, Andrea. Alle 19 si terrà l’inaugurazione della mostra delle dieci litografie dei quadri dipinti dal cantante, che verranno poi vendute a scopo solidale, con i proventi che andranno a finanziare un’associazione benefica. A seguire spazio a ricordi e aneddoti con l’esposizione della prima chitarra di Lucio Battisti, alla presenza del nipote, Andrea Barbacane. «Era silenzioso ma anche molto simpatico - ha raccontato Mogol a Leonessa - mi canticchiava le sue musiche in inglese maccheronico, poi io ci mettevo il testo in base a esperienze personali, ad aneddoti vissuti o inventati». Il risultato, sono i brani immortali che tutti conosciamo.
Nel suo paese natale lo ricordano in molti, solitario ma anche compagnone con chi voleva, una testa di riccioli neri e l’immancabile chitarra in spalla. I primi rudimenti glieli aveva insegnati un compaesano e anche lì il giovanissimo Lucio aveva dimostrato un’enorme velocità di apprendimento, un senso artistico fuori dal comune. Tra i compaesani, alcuni lo ricordano timido e solitario, con una corazza che solo la sua arte riusciva a scalfire, quasi una specie di rivalsa verso un mondo nel quale sembrava quasi non ritrovarsi. Altri hanno nitidi i ricordi di quando arrivava a Poggio Bustone in incognito su una berlina scura, famosissimo seppur ormai lontano dalla scena pubblica, per andare a trovare il cugino o i suoi cari al cimitero, Albarita e gli amatissimi genitori Ada e Alfiero. Pochi mesi dopo l’ultima visita, la notizia della morte che lasciò tutti basiti, perché nessuno sapeva della malattia, la stessa della quale era già morta la sorella. Rapetti ricorda gli anni del loro sodalizio come bellissimi e spensierati, oltre che molto proficui dal punto di vista professionale. «Era un ragazzo che sapeva essere molto simpatico, aveva uscite esilaranti - racconta il famoso autore di testi - mi dicono che è una caratteristica comune agli abitanti di Poggio Bustone. Mi ricorderò sempre quando passeggiavamo per strada, tutti lo riconoscevano, gli chiedevano se fosse il grande Lucio Battisti. Lui serissimo rispondeva a tutti “magari lo fossi!”, con un’inflessione convincente e ironica che ancora oggi mi fa sorridere».

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