Rieti, cisterna esplosa: la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per tre persone

Mercoledì 4 Maggio 2022 di Massimo Cavoli
L'esplosione del 2018

RIETI - A distanza di oltre 3 anni, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre indagati per l’esplosione della cisterna di carburante, avvenuta all’interno di un impianto di carburante sulla Salaria per Roma, che nel dicembre 2018 causò la morte del vigile del fuoco Stefano Colasanti e di Andrea Maggi, automobilista di Montelibretti che stava passando con l’auto lungo la vecchia strada che costeggia la nuova.

A tutti, secondo i rispettivi ruoli, il sostituto procuratore Lorenzo Francia contesta una cooperazione colposa dovuta a comportamenti omissivi sul rispetto delle misure di sicurezza e di procedura in occasione del rifornimento del carburante gpl dalla cisterna al serbatoio interrato del distributore. Conclusione raggiunta in base alla consulenza tecnica depositata dopo la proroga concessa dal gip, che aveva respinto una prima richiesta di archiviazione presentata dalla procura e opposta dai legali delle parti offese. L’autista del camion, Gianni Casentini, di Velletri, dipendente della società petrolifera, e i coniugi Paolo Pettirossi e Anna Maria Niro, gestori della stazione di servizio Ip, dovranno comparire davanti al giudice dell’udienza preliminare il 15 giugno e, in quella sede, si deciderà la loro sorte processuale. Lungo l’elenco delle parti offese, dai familiari delle vittime (madre, fratello, moglie e figlia minore di Colasanti, e quelli di Andrea Maggi, quattro tra fratelli e sorelle, assistiti dall’avvocato Bruno Mattei di Roma), per proseguire poi con i numerosi feriti che hanno riportato lesioni di diversità gravità. Le violazioni sarebbero consistite, per Casentini, nel mancato collegamento del tubo di ritorno della fase vapore che serve a evitare, durante il rifornimento del serbatoio, pericolose sovrapressioni e, quindi, la fuoriuscita del gpl, e di non aver verificato che il gestore avesse sistemato gli estintori vicino al pozzetto di scarico, pronti a esser utilizzati in caso di emergenza. Omissioni che hanno coinvolto anche i titolari dell’impianto perché avrebbero dovuto presenziare alla fase di travaso, assicurandosi che il protocollo di sicurezza venisse rispettato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA