Amatrice, sentenza su palazzina crollata in piazza Sagnotti. I familiari: «Giustizia, ma il dolore resta sempre»

Giovedì 16 Marzo 2023 di Emanuele Faraone
Piazza Sagnotti nel 2016

RIETI - Il giorno dopo la conferma in Appello di tutte le condanne di primo grado - nel processo relativo al crollo delle due palazzine gemelle ex Iacp di piazza Sagnotti ad Amatrice, nella notte del sisma del 24 agosto 2016, causando la morte di 19 persone - è il momento di un rinnovato dolore per i familiari delle vittime.

Un sentimento che torna inevitabilmente a galla, ma che trova - anche se in minima parte - un po’ di tregua e un senso di giustizia nella consapevolezza che quel doppio crollo non fu un evento causato dall’eccezionalità del sisma, ma dalle negligenze e dalle omissioni dell’uomo, confermando così l’intero impianto accusatorio, con la condanna a 9 anni di Ottaviano Boni, all’epoca direttore tecnico dell’impresa costruttrice Sogeap e 5 per Maurizio Scacchi, geometra del Genio civile - Regione Lazio, confermando altresì la responsabilità civile degli Enti.

I passaggi. Secondo l’accusa, in estrema sintesi, Boni aveva sostituito il progetto originario con uno nuovo, in violazione delle normative antisismiche dell’epoca, mentre Scacchi avrebbe posto in essere una condotta mirata, in qualche modo, ad aggirare i vizi iniziali e il problema di partenza. «Per mettere a posto le carte e per non esporre gli Enti, gli imputati sacrificarono la vita umana - ha commentato l’avvocatessa del foro di Teramo, Wania Della Vigna, in rappresentanza, nel processo, di 42 parti civili - e così intere famiglie furono sterminate. I parenti delle vittime sanno che la causa del crollo non va ricercata nel sisma, ma in una serie di concause ascrivibili all’uomo. Ci sono precisi profili di responsabilità, in quanto le due palazzine erano “viziate” da attività illecite, a partire dalla progettazione fino alla costruzione, con assenza di verifiche, controlli e autorizzazioni. Anche gli iter di approvazione e di esecuzione furono eseguiti a discapito della sicurezza pubblica. Una pagina di giustizia e di verità - ha concluso l’avvocatessa - è stata consegnata ai parenti delle vittime».

Le storie. Tante storie, tanti legami, tante vite si sono spezzate sotto quelle macerie, in un groviglio di dolore e tragedia. Come il 21enne Claudio Leonetti, studente del conservatorio di L’Aquila, in un attimo rimasto solo al mondo, con la morte dei genitori e della sorella 18enne. «È stata fatta giustizia - osserva un familiare delle vittime in aula - ma quello che abbiamo perso è molto di più e il dolore resterà per sempre». Giovanna Gagliardi è sopravvissuta ai due figli, al marito e ai genitori, tutti deceduti sotto le macerie. Oppure il dramma di Elisa D’Annibale che, nel crollo, ha perso il padre, la zia e la cugina mentre la madre è stata estratta viva dopo ore sotto i detriti. Famiglie annientate e distrutte come i Moricone, che hanno perso il giovane fratello Paolo o i fratelli Cavezzi, che hanno pianto la loro madre. «Quelle palazzine - ha infine commentato il legale delle parti civili - furono edificate con denaro pubblico dell’Iacp, poi Ater e poi, per evitare la responsabilità oggettiva degli Enti, Comune, Ater e Regione Lazio, non ci si curò affatto della salvaguardia della vita umana».

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