Aborto, i “rigoristi” frenano la svolta del Papa: «Così il peccato si banalizza»

Martedì 22 Novembre 2016 di Franca Giansoldati
Aborto, i “rigoristi” frenano la svolta del Papa: «Così il peccato si banalizza»

CITTÀ DEL VATICANO Il punto numero 12 della Lettera Apostolica «Misericordia et Misera» sembrerebbe destinato a diventare oggetto di riflessioni trasversali all’interno della Chiesa in un confronto tra vescovi e cardinali. Non sono trascorse che poche ore dalla diffusione del testo firmato domenica mattina sul sagrato di San Pietro da Papa Francesco, che già si raccolgono opinioni discordanti. Ai pareri entusiastici, più che positivi, se ne aggiungono anche altri venati da timori proiettati sulla lunga distanza, al di là degli effetti positivi e immediati riconosciuti alla misericordia che eserciteranno nel confessionale i sacerdoti abilitati a togliere la scomunica alle donne che hanno abortito o ai medici che hanno effettuato l’intervento chirurgico. È chiaro a tutti che la misericordia come medicina dell’anima resta un balsamo per l’umanità ferita. Certe riserve riguardano semmai una preoccupazione di prospettiva: quella che l’opinione pubblica, la comunità cattolica o i singoli fedeli, con il tempo, non arrivino a sfumare il senso di un peccato gravissimo, giudicato dalla Chiesa molto più grave dell’omicidio.

IL CATECHISMO
I rigoristi, coloro che interpretano le norme in modo inflessibile, rammentano il Magistero e il cammino fatto. L’aborto per il Catechismo resta un delitto contro la vita umana sanzionato dalla scomunica latae sententiae. Fin dai primi secoli la Chiesa ha «dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato, e questo insegnamento non è mutato. L’aborto diretto, cioè voluto come fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale» si legge nel Catechismo. Di conseguenza i timori registrati a caldo qui e là, tra vescovi e cardinali, non riguardano tanto i confessori che ben conoscono la dottrina, bensì la base dei fedeli sempre più «imbevuta in una dilagante cultura dello scarto, in cui troppo spesso prevale la percezione che un embrione o un feto di due mesi nel grembo materno non sia una persona o equiparabile ad essa» spiega un vescovo pur riconoscendo la bontà di far leva sul concetto di Misericordia. Insomma, le preoccupazioni riguardano le percezioni sul rischio di banalizzare un peccato così «orrendo» (parole del Papa).

Il cardinale De Paolis, giurista di chiara fama, suggerisce solo una piccola aggiustata al testo del Codice di Diritto Canonico per adeguarlo alle novità («ma solo per specificare meglio: in fondo il provvedimento del Papa ha solo esteso il canone») e, al contempo, lancia una provocazione verso coloro che dentro al confessionale si troveranno a giudicare donne o medici colpevoli di avere interrotto una gravidanza. «Dovranno sempre scandagliare a fondo l’anima di chi avranno davanti per capire se si tratta di vero pentimento e non di abuso. Si tratta di capire se le persone se ne stanno approfittando o se sono realmente pentite». In ogni caso la misericordia, a suo parere, resta una grande medicina. «Ogni volta io mi pongo questa domanda: i figli crescono meglio e diventano migliori quando i genitori dicono loro che sono bravi o quando li mettono ai margini e li puniscono perché sono cattivi?» La sintesi di una coscienza è spesso un rebus. 

IL MOVIMENTO PER LA VITA
Il Movimento per la Vita - in prima linea in tutta Europa per il riconoscimento dell’embrione umano come titolare di diritti - accoglie la novità post giubilare di Papa Francesco con una speranza: «Confidiamo che i sacerdoti non banalizzino il peccato di aborto, ma favoriscano un cammino di conversione a chi ha abortito di fare un periodo di volontariato in uno dei nostri 450 centri per la prevenzione». 

Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 16:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA