Centrodestra, il sì di Tajani al grande passo: «L'Italia deve contare di più»

Venerdì 2 Marzo 2018 di Mario Ajello
Centrodestra, il sì di Tajani al grande passo: «L'Italia deve contare di più»
Arriva da Bruxelles a Roma e viene accolto come il candidato premier più quotato che c'è. Centinaia di persone che lo aspettano, le telecamere, i taccuini, gli ambasciatori di Cuba, Marocco, Panama, Svezia e tanti altri Paesi, il rappresentante diplomatico italiano presso la Santa Sede, prelati, generali, alti funzionari dello Stato. «È pronto a entrare rientrare nella politica italiana?», gli viene chiesto. E lui parla di Europa qui alla Link Campus University, l'ateneo di Enzo Scotti dalle parti dell'Aurelia. Europa, certo.

E l'attenzione, da parte di Tajani che ormai è assolutamente in campo, nel coniugare l'importanza del ruolo che riveste alla guida dell'Europarlamento e il nuovo impegno politico-elettorale che gli è stato chiesto da Berlusconi. Ieri il Cavaliere, mentre egli era ancora a Bruxelles, gli ha telefonato, per dirgli: «Antonio, ho fatto spesso in questi giorni il tuo nome come nostro candidato premier migliore che ci sia. Ma non ho ancora dato la notizia vera e propria. Mi dai l'autorizzazione per farlo?». E Tajani: «Presidente, se serve sono pronto». E così in serata da Matrix, come era previsto da tanto tempo, il Cavaliere annuncia che la sua carta è questa. E se nelle altre campagne elettorali Berlusconi verso la fine tirava fuori dal cilindro una promessa programmatica forte e spiazzante, stavolta la sorpresa di Silvio - ma neanche tanto, visto che ci lavora da tempo - è un personaggio e non un tema. Anche se Tajani a suo modo è anche un argomento attrattivo: l'europeismo, la mediazione, un moderatismo liberale fatto di affidabilità e di capacità di dialogo, un consenso internazionale molto spendibile in patria.

Dunque Tajani, che ormai ha ricevuto l'investitura, parla tranquillamente di Europa e di mondo, come se intorno a lui e riguardo a lui non stesse accadendo niente. E invece sta accadendo di tutto. «Io premier? Non parlo di cose italiane», dissimula. Ma quando, durante il suo intervento che tutti ascoltano cercando di capire quale sarà la sua fisionomia di capo del governo, nel caso dovesse farlo, afferma che «il prossimo premier dovrà far pesare di più il nostro Paese in Europa, e non possiamo mica chiedere alla Merkel di fare il capo di governo da noi», molti commentano così queste parole: «Tajani non poteva essere più chiaro a proposito del suo futuro».

Ossia quello dell'esercizio a lui assai congeniale di pazienza e di solido equilibrismo, per tenere insieme una coalizione che potrebbe vincere e governare ma si annuncia piuttosto litigiosa. Anche se Salvini - come s'è visto nell'intervista rilasciata al Messaggero - lo apprezza, non ne parla mai male e lo considera l'europeista buono e non iper-burocratico alla Juncker. E così anche la Meloni. Per non dire di Cesa o di Fitto - i leader della cosiddetta quarta gamba del centrodestra - che ieri hanno lanciato endorsement tajanei a raffica.

Un passista come lui, dal 94 come portavoce di Berlusconi fino alla super-carica a Bruxelles senza mai una sbavatura e un'accelerazione, un equilibrista del suo calibro, è capace di risposte drammatizzanti come quelle rilasciate ieri alla Link University. «Mi state chiedendo se sono tornato in Italia? Ma io in Italia ci torno ogni settimana». Appunto. Ci viene spesso, e sempre più spesso ormai da un po', e questo è un segnale. E si fa vedere volentieri nel Mezzogiorno, lì dove si gioca la vittoria nazionale del centrodestra nel corpo a corpo con i grillini in alcuni collegi chiave, e questo può essere considerato un altro segnale molto rilevate. E non solo del fatto, come ripete spesso in qualità di presidente dell'Europarlamento, che «molto della sorte dell'Europa e del suo peso sullo scacchiere mondiale dipende dalla capacità di essere presenti e influenti nelle aree del Mediterraneo».

IL PARAGONE
Berlusconi, arciconvinto da tempo che la carta giusta fosse questa, è stato attento molto poco berlusconianamente a non bruciarla attraverso un lancio spettacolare o una cerimonia solenne d'investitura o altri riti che avrebbero rovinato l'immagine di Antonio. «Lui», dice Berlusconi parlando con i suoi, «è il nostro Gentiloni. Molto trasversale. Può prendere voti nel centrosiniostra». Questo si vedrà.
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