Alleanze in corso/ L’opposizione fragile che il governo sognava

Lunedì 30 Luglio 2018 di Alessandro Campi
La qualità di un governo, si ripete spesso, dipende anche dalla qualità dall’opposizione politico-parlamentare: debole, confusa e poco incisiva quest’ultima, scarsamente efficace e senza lo stimolo a fare meglio il primo. È in effetti la fotografia dell’Italia odierna.

L’esecutivo giallo-verde sembra marcare il passo rispetto alla mole degli annunci e delle promesse fatte, anche a causa delle oggettive differenze di vedute tra i due partiti che lo compongono, ma ha dinnanzi a sé un fronte politico diviso, demotivato e incapace di proporre idee e soluzioni realmente alternative e convincenti. Dal punto di vista di Di Maio e Salvini non si poteva desiderare di meglio, soprattutto in questi mesi d’avvio del loro esperimento, per definizione i più difficili.

Le cause di questa situazione, che ci si chiede nell’interesse del Paese quanto possa durare, sono ovviamente molteplici. Alla base di tutto c’è ovviamente lo shock di un risultato elettorale dal quale i perdenti del 4 marzo non si sono ancora ripresi. Come dopo una battaglia persa duramente, non è facile riorganizzare le fila per il contrattacco: ci vuole tempo per ritrovare la lucidità necessaria per mettere a punto una nuova strategia che al momento semplicemente non si vede. Non si possono poi trascurare altri fattori.

Ad esempio, la difficoltà a condurre un’opposizione risoluta nei confronti di partiti che potrebbero essere dei potenziali alleati nell’immediato futuro o che lo sono stati nel recente passato. È il caso ovviamente di Forza Italia nei confronti della Lega: l’attuale competizione deve fare i conti con la loro lunga collaborazione negli ultimi vent’anni (che peraltro prosegue a livello locale) e con l’idea, che Berlusconi continua a coltivare, che un giorno si possa rimettere in piedi l’antica coalizione di centrodestra. Ma è il caso anche del Pd: non sono pochi, a partire dall’attuale segretario-reggente Martina, coloro che pensano a un governo della sinistra con il M5S nel caso dovesse fallire o venire meno l’attuale maggioranza. 

Sempre con riferimento al Pd, forte è poi l’impressione che molte delle energie di cui questo partito dispone siano state sinora impegnate, più che per contrastare e incalzare il governo in carica, per regolare la partita tutta interna per la segreteria. D’altro canto, sino a che il Pd non avrà una guida politica definita e pienamente legittimata da un passaggio congressuale difficilmente potrà mettere in campo una seria opposizione basata a sua volta su una piattaforma politica coerente. 

Ciò non vuol dire che sinora non ci sia stata alcuna opposizione, in particolare proprio ad opera del Pd. Ma è stata condotta, per cominciare, con un registro comunicativo sbagliato, basato sull’emotività e sulla propaganda, che non ha prodotto alcunché dal punto di vista del consenso. La strada scelta, andando a ruota del fronte giornalistico-intellettuale della sinistra più militante, è stata infatti quella - soprattutto con riferimento al tema immigratorio - della demonizzazione ad hominem. Con Salvini che è stato accusato di ogni nefandezza ed è diventato il bersaglio pressoché esclusivo delle proprie esternazioni, sino al paradosso di aumentarne la popolarità. Vent’anni di (inutile) anti-berlusconismo evidentemente non hanno insegnato nulla. 

Ma basta guardare anche agli altri dossier accumulatisi nelle ultime settimane per rendersi di conto delle difficoltà in cui si trova l’opposizione e che spiegano il vasto consenso di cui, secondo tutti i sondaggi, continua a godere il governo a dispetto delle poche cose concretamente realizzate sino ad ora. Esemplare il caso della Tav, che rappresenta forse il punto di maggior attrito tra Lega e M5S, visto l’annuncio di quest’ultimo di voler rinunciare all’opera. Il problema è che anche le opposizioni sono divise sul da farsi. Se Forza Italia è decisamente favorevole a realizzarla, all’interno del Pd esistono invece, non da oggi, vedute differenti. E’ contraria la sinistra del partito, ma sono contrari anche molti degli amministratori Pd delle zone interessante dalla Tav. Il che ovviamente impedisce, soprattutto in questa sorta di interregno in cui si trova il partito, di fare una scelta riformista-modernizzatrice chiara e coerente come quella che aveva a suo tempo sostenuto Renzi. Ma che impedisce anche di schierarsi decisamente dalla parte di coloro che sono contrari al completamento di questa infrastruttura.

La stessa indecisione si è vista nel caso del decreto dignità, voluto in particolare dal M5S con l’obiettivo di rendere più difficile per le imprese italiane usare contratti a tempo determinato. La linea del Pd – condivisa da Forza Italia - consiste nel sostenere che i nuovi limiti temporali ai contratti, rendendo impossibili i rinnovi, finiranno per aumentare i disoccupati. Ma il rischio che corre il Pd su questa delicata materia è dare l’impressione di opporsi a misure il cui obiettivo dichiarato è quello di voler contrastare il precariato soprattutto giovanile. Perché non battersi piuttosto, da sinistra, per misure che puntino alla stabilizzazione dei precari piuttosto che all’aumento delle possibilità di rinnovo dei contratti temporanei o all’allungamento dei medesimi?
Anche la partita di questi giorni sulla Rai sembra mostrare la debolezza, l’incertezza e il comportamento ondivago e contraddittorio dell’attuale opposizione. In questo caso, le luci sono puntate soprattutto sul comportamento e le scelte di Forza Italia. Quanto durerà la sua attuale contrarietà alla nomina di Marcello Foa alla presidenza della Rai. Ci sono in ballo questioni di principio e di metodo politico, che rendono impossibile sostenere quest’ultimo, o piuttosto di poltrone da contrattare, ragion per cui il dissenso annunciato dallo stesso Berlusconi rientrerà alla prossima riunione della Commissioni di Vigilanza? 

Proprio l’esistenza di un’opposizione così frammentata, divisa sulle cose da fare oggi e sulla strada da imboccare in futuro, è tra l’altro il migliore argomento contro gli inviti a dare vita ad un rassemblement politico composto da tutti i partiti e le forze, anche quelle non presenti in Parlamento, che si oppongono all’attuale governo e all’ideologia sovranista-populista che l’ispira. Una simile alleanza, mettendo insieme le cose più diverse, cos’altro sarebbe se non una somma di debolezze e di idee confuse? Sarebbe un’alternativa repubblicana e riformista, come sostengono i suoi fautori, o piuttosto un’armata Brancaleone che gli elettori per primi punirebbero nelle urne. Insomma, Di Maio e Salvini possono dormire sonni tranquilli. Ma un’opposizione finalmente politicamente motivata e capace di muovere proposte concrete sarebbe nell’interesse loro e, soprattutto, degli italiani.
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