Governo, rissa sulla premiership: il Colle vede tempi lunghi

Mercoledì 28 Marzo 2018 di Marco Conti
Mattarella (ansa)
Di Maio insiste per avere l'incarico e arrivare a palazzo Chigi ma senza i voti di FI. Salvini non esclude di riceverlo per se stesso, anche se alla fine potrebbe rinunciare a palazzo Chigi e accontentarsi del Viminale. La confusione sotto il cielo dei partiti è ancora troppo grande per poter pensare che qualcuno possa ricevere a breve l'incarico dal presidente della Repubblica per formare un governo. Il Quirinale osserva con attenzione le mosse dei partiti e, soprattutto, le dichiarazioni dei leader, ma ancora non c'è neppure un appiglio per poter pensare che il primo giro di consultazioni di Sergio Mattarella con i rappresentanti dei partiti - che dovrebbe partire martedì della prossima settimana - possa essere sufficiente.

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D'altra parte, come è noto, la tesi grillina ribadita ieri sera del «lasciateci trovare i voti in Parlamento», è molto debole. Di Maio non molla e ricorda il 32% del M5S, ma sorvola sui numeri dei parlamentari che mancano al presunto governo per incassare la fiducia. A Montecitorio non si tratta di trovare tre o quattro deputati, ma più di cento. Mentre a palazzo Madama mancano all'appello una cinquantina di senatori. Il rischio di avere un governo che si presenta alle Camere e non incassa la fiducia, è troppo grosso da correre per il Paese, anche alla luce degli avvisi che cominciano ad arrivare da Bruxelles (Moscovici) e dai mercati (BlackRock). La sensazione è che servirà ancora molto tempo prima che si possa cominciare a ragionare e che i partiti possano offrire al Capo dello Stato una qualche soluzione per uscire dallo stallo. Qualche passo lo ha fatto Salvini che si è detto disponibile a discutere del candidato premier ma non intende mollare FI come invece chiedono i grillini.

Salvini ieri ha pronosticato fine aprile come data per avere un possibile governo. Il nesso con le elezioni in Friuli del 29 aprile è fin troppo facile, ma se i leader saranno in campagna elettorale sino alla fine del prossimo mese c'è il rischio di un mega-slittamento che potrebbe cominciare ad innervosire elettori e neo-eletti. Berlusconi, seppur defilato e pronto a schierare nelle trattative Antonio Tajani, non molla di un millimetro l'alleato. La decisione di andare alle consultazioni in maniera separata dà al gruppo di FI quel ruolo che i pentastellati sinora pensavano di riconoscere solo a Salvini in virtù del sorpasso effettuato dalla Lega su FI. Se, come affermato ieri sera, Di Maio intende incontrare «tutte le forze politiche» prima di salire al Quirinale, dovrà discutere con i rappresentanti della Lega (Giorgetti e Centinaio), ma anche con le neo capogruppo di FI Gelmini e Bernini e con i capigruppo di FdI Rampelli e Bertacco.

Il pressing di Di Maio per avere l'incarico conferma l'esistenza di una certa dose di nervosismo dentro il M5S. La pattuglia che si raccoglie intorno al leader, e che si prepara ad occupare quasi tutti i posti negli uffici di presidenza delle Camere, non intende prendere in considerazione ipotesi alternative a quella di Di Maio-premier e, mentre continua a trattare con la Lega, continua a bussare alla porta del Pd. Il portone del Nazareno resta però serrato anche se nel M5S si continua a sperare in un cambio di linea al punto che qualcuno chiede di prendere tempo sino all'assemblea nazionale che i dem dovrebbero tenere a metà del mese prossimo.

LA LUCE
La sensazione è che sul governo sia difficile ripetere lo schema che ha portato alla elezione dei presidenti delle Camere e che alla fine i partiti possano arrendersi bussando anche una volta al Quirinale. Una prospettiva che sul Colle non si augurano confidando ancora sulle capacità dei partiti. Se però lo stallo dovesse prolungarsi troppo nel tempo - e magari arrivare a ridosso dell'estate - anche il Pd potrebbe tornare in gioco. E non è detto che a quel punto, lo scongelamento del Pd avvenga a dispetto dell'attuale linea renziana. Un'ipotesi che potrebbe non porsi, quella del ritorno in pista del Pd, qualora Di Maio decida di fare un passo indietro concedendo alla Lega un governo di quasi-tutti - Pd escluso - per predisporre la legge di Bilancio, modificare il Rosatellum e tornare al voto nella primavera del prossimo anno come sotto-sotto, sostiene qualcuno, vuole Salvini il quale, a quel punto, metterebbe anche in conto l'eventuale frattura con un pezzo di FI.
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