Referendum, effetto Zaia: il big bang riapre i giochi della destra. «Terremo i 9/10 delle tasse»

Lunedì 23 Ottobre 2017 di Claudia Guasco
Referendum, effetto Zaia: il big bang riapre i giochi della destra. «Terremo i 9/10 delle tasse»
dal nostro inviato
VENEZIA
Alle sette di sera il governatore Luca Zaia può rilassarsi. Il quorum è raggiunto, la vittoria è in cassaforte. «E' fatta», dice ai suoi il presidente della Regione, asserragliato nel quartier generale di Palazzo Balbi. Alla fine si arriva al 57%. E' un plebiscito, il trionfo che voleva. Sul referendum per l'autonomia c'è il suo nome, ne ha fatto una battaglia di identità di popolo e i veneti hanno risposto. «E' il big bang delle istituzioni, è come il muro di Berlino. E mi piace pensare che a farlo cadere sia stata la mia gente. Apriamo una stagione che diventerà endemica, questa partita non finirà qua», afferma. Mai come oggi vale il motto coniato per lui, ricalcando la pubblicità di un pollo: «Dove c'è Zaia, c'è gioia».
 

BATTUTI I LUMBARD
Il consenso è arrivato, il quorum che pareva un ostacolo si è rivelato una spinta in più. Zaia un po' lo temeva, tanto che negli ultimi mesi ha macinato migliaia di chilometri in una campagna a tappeto. Era la sua scommessa, l'ha vinta. E vale doppio, perché è una moneta d'oro spendibile a livello locale ma anche nazionale. E' lui, oggi, l'uomo forte della Lega che sfonda oltre gli indipendentisti, un nuovo potenziale leader del centrodestra in costruzione, assai più gradito a Silvio Berlusconi rispetto a Matteo Salvini. Zaia si schermisce: «Nessuna prospettiva nazionale e nessuna volontà di muovermi da qui. A Roma ti prendono le misure e se pensano che io possa avere possibilità alle prossime politiche penalizzano il mio Veneto». Intanto il governatore può andare all'incasso e la sua soddisfazione è anche un po' maliziosa: mentre il Pirellone è alle prese con il collasso del sistema elettronico, qui nei 4.739 seggi riforniti di schede, timbri e matite copiative tutto fila liscio. «Abbiamo battuto gli efficienti lumbard», gongolano i consiglieri regionali riuniti in attesa dei risultati.

Pensano già a quei 15 milioni di euro di residuo fiscale che, giurano, non prenderanno più la strada per Roma. E gran parte del merito, riconoscono, va proprio al governatore che per l'autonomia è salito sulle barricate. «Siamo cinque milioni di abitanti, abbiamo 600 mila imprese e un fatturato di 150 miliardi - ricorda Zaia - io credo che Roma dovrebbe portarci rispetto. Chiederemo tutte le 23 materie, i nove decimi delle tasse e il federalismo fiscale». Per il presidente sono arrivate troupe di Al Jazeera, della tv russa e di Barcellona. Venezia è una Catalogna in scala minore, che riesce anche a portare a casa il risultato. Due anni fa alcuni consiglieri sono andati in viaggio studio ad assistere al referendum interno catalano sull'indipendenza. Facevate le prove? «Ma no, questa è una cosa diversa - ripetono - noi restiamo nell'ambito della Costituzione. Però...». Però? «Oggi sui volti dei veneti ho visto gli stessi sorrisi», spiega il consigliere Stefano Valdegamberi. E' lui che nel 2013 ha presentato il disegno di legge sull'indipendenza, cassato e trasformato in voto sull'autonomia. «Abbiamo gettato il sasso nello stagno». E adesso «andiamo a trattare», si tira su le maniche il governatore.

La vittoria è soprattutto sua. Al secondo mandato in Veneto, la poltrona di presidente è più solida che mai e grazie all'investitura del referendum diventa l'uomo di punta della Lega. Oltre che interlocutore gradito a Berlusconi, come si diceva, nella faticosa costruzione dell'alleanza FI-Carroccio. I toni e molte posizioni di Salvini sono sopra le righe per il bacino medio moderato di elettori del Cav, con Zaia se ne vanno le felpe e arriva il doppiopetto, l'opposizione arrembante lascia il posto all'esperienza di governo: già ministro dell'Agricoltura e poi a capo della Regione, sa quali sono le battaglie per le quali spendersi. Il referendum, appunto. Se Maroni aveva la strada spianata con il (seppur tiepido) appoggio dei sindaci Pd, in Veneto gli avversari hanno fatto sul serio. I non vontanti hanno scatenato la polemica sul rischio di essere schedati dalla regione, gli antagonisti hanno lanciato fumogeni contro il gazebo di Treviso. Acqua passata, sorride ora Zaia. Prima di mezzanotte sale sul palco per prendersi gli applausi: «Il Veneto non sarà più quello di prima».

 
Ultimo aggiornamento: 13:07