I veleni Raggi-Lombardi: gelo dei vertici sulla sindaca

Martedì 19 Settembre 2017 di Simone Canettieri
Virginia Raggi e Roberta Lombardi (Ansa)
Le duellanti non deludono mai. Quando parlano l'una dell'altra usano frasi liftate, ma dense di malcelato livore, le arci-nemiche, Virginia e Roberta. Costrette da un anno a detestarsi più o meno in silenzio. Salvo rapide stilettate da Grand Guignol, camuffate poi come Commedia degli equivoci. Tipo ieri, quando alla sindaca Raggi è scappato, a proposito della corsa della deputata Lombardi alle regionarie del Lazio, che in fin dei conti quella della «faraona» del M5S «è una candidatura come tante».

Una frase che ha rotto la pax che si era ripromessa Lombardi, dopo un anno di cannoneggiamenti e gelo verso l'inquilina del Campidoglio. «Ma come: io faccio un richiamo all'unità e poi devo leggere queste cose?», si è sfogata Roberta, l'anti-sindaca, pioniera del M5S nella Capitale (un tipetto che su WhatsApp ha questa scritta rivelatrice: Quando una donna ti guarda in silenzio non è proprio silenzio assoluto, se ascolti bene si sente la musichetta dello Squalo). La stoccata perfida di Raggi non è piaciuta ai vertici del Movimento. «Soprattutto a chi sta a Milano».

Ma anche tutti i big parlamentari. Non a caso, nel pomeriggio Raggi ha corretto il tiro ben due volte. Anche se non si sa quanto spontaneamente, ha prima spiegato che «fa gli auguri a tutti i candidati», poi, dopo un paio di ore, è stata ancora più convincente: «Ho semplicemente detto che quella della Lombardi è una candidatura come le altre: significa che tutti partono dallo stesso via».
LA RISPOSTA

Un risultato anticipato in questo tintinnio di sciabole profumate di rose, da una dichiarazione della deputata. Anche questa ecumenica e ambigua. Liftata, appunto. «Virginia ha perfettamente ragione. Tutti siamo necessari e nessuno è indispensabile», aforisma caro a Gianroberto Casaleggio. In molti, nemmeno a dirlo, hanno sottolineato la parte finale del virgoletto. Le due, Virginia e Roberta, non si parlano e non si scrivono dall'estate del 2016. Più di un anno.

Da quando la parlamentare, respinti gli assalti allo strapotere di Raffaele Marra, si dimise dal mini-direttorio, che doveva vigilare sul Campidoglio. «Virginia non è una Cinque Stelle», le sentirono sentenziare in quei giorni caldi e convulsi. «La Lombardi vuole far saltare tutto», rispose a distanza la sindaca. Una lunga guerra fredda tra paranoie e sospetti: dai dossier passati ai giornali fino al complotto con la magistratura, passando per le correnti in Campidoglio (sono lombardiani il capogruppo Paolo Ferrara, il presidente dell'aula Marcello De Vito e un'altra decina di consiglieri).

Di questo e di molto altro si sono dette a distanza le due. Puntando entrambe ad avere, a seconda del momento, la sponda di «Davide» e di «Beppe». Fu proprio Lombardi nel dicembre 2016, dopo l'arresto di Marra, a spingere per il ritiro del simbolo M5S in Comune. Ma il famoso post di Grillo, dopo una notte di fermentazione, non uscì. Dove c'è una, non c'è l'altra. «Roberta? Sta facendo bene la deputata», fu il primo affondo di Raggi lo scorso giugno. Ieri l'ennesimo scontro rosa, che non si sa dove possa portare. Magari, per esigenze di brand e realpolitik , finiranno insieme sullo stesso palco molto presto...
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