M5s, Alde rifiuta l'accordo con Grillo: ora la base processa il leader e Casaleggio junior

Martedì 10 Gennaio 2017 di Stefania Piras
M5s, Alde rifiuta l'accordo con Grillo: ora la base processa il leader e Casaleggio junior
IL RETROSCENA
ROMA «Ragazzi, è un disastro». Quello che nella notte era apparso all'orizzonte come un piccolo capolavoro politico, «Iniziamo a contare, ci guardano con rispetto, diventeremo l'ago della bilancia», si è trasformata in una Caporetto. Gli scenari che ora si aprono per il Movimento 5 stelle Europa sono proprio quelli che i vertici avevano cercato di esorcizzare in tutti i modi: l'ininfluenza del gruppo misto, senza voce in capitolo, senza risorse economiche. Tradotto: l'isolamento politico e una ventina di dipendenti che rischiano il licenziamento.

PAURA & AMAREZZA
Il sentimento prevalente ora è la paura più che l'amarezza. E si desume dai commenti che iniziano ad affollare le chat alle ore 18:15 quando da Bruxelles comincia a circolare la reazione a catena dello schiaffone che Guy Verhofstadt ha appioppato in diretta social al M5S. «Salta tutto, non ci posso credere», scrive un antico ortodosso pentastellato convertito da tempo alla necessità del pragmatismo che predica trattative e nuove identità trasversali.
«Andare al voto online senza una trattativa solida è stato un autogol pazzesco», ha detto uno degli uomini più fidati di Davide Casaleggio. Perché ieri ha perso l'ala pragmatica, quella dei vertici, del blog che era riuscito a convincere oltre 40 mila iscritti della bontà della scelta di passare all'Alde. Perde l'ala dialogante di Luigi Di Maio candidato premier che solo poche ore prima spiegava che l'alleanza con i liberali era tecnica, e non politica. E invece, tecnicamente Verhofstadt ci ha ripensato.
Perde quel modo di ragionare pragmatico che a fatica si era fatto strada negli ultimi mesi e che era stato dettato dai leader in persona, Grillo e Casaleggio. Il comico genovese ieri ha rinunciato al viaggio in Belgio ma nelle ore precedenti al gran rifiuto liberale aveva cercato di rassicurare gli europarlamentari più contrariati: Marco Zanni, Marco Valli, Isabella Adinolfi e Dario Tamburrano.

Aveva detto loro, in videocollegamento da Genova, che «per queste trattative serve grande capacità e riservatezza, e David Borrelli è stato bravo». Davide Casaleggio che ieri è andato apposta a Bruxelles, aveva ribadito che serviva «rapidità e silenzio». Ora una foltissima schiera di parlamentari, nazionali ed europei, catapulta sul banco degli imputati i vertici e sta chiedendo proprio la testa di Borrelli, colpevole di aver avviato la trattativa maledetta.
Durissimo l'eurodeputato dario Tamburrano: «Quando ogni scelta analizzata razionalmente non porta a prendere nessuna decisione convinta, pur se apparentemente pragmatica; quando ogni soluzione che la mente superiore ti propone suscita un moto interno di repulsione e nausea; quando hai la percezione che quello che ti stanno proponendo è oscuro e pertanto inaccettabile; quando è ormai certo che sei stato tradito dagli esseri umani; quando non puoi più fidarti veramente di nessuno, allora quello è il momento di consultare il secondo cervello». Ovvero la pancia, quella che consigliava Grillo per votare al referendum.

Tamburrano aveva insistito per chiudere con i Verdi. Lo scouting dell'eurodeputato trevigiano Borrelli era iniziato da mesi, ma era stato condotto in gran segreto per non far emergere agli occhi della base, che tutto vede e tutto vota, quella velleità di contare di più e quindi, perché no, spostarsi in un gruppo più importante. Il divorzio con lo Ukip fu smentito, la battaglia contro l'euro ripiegata nell'armadietto della campagna elettorale, fino a che Borrelli il 4 gennaio è riuscito a concordare i punti dell'alleanza programmatica con l'Alde.
Era una preaccordo, si dice ora. «Sbagliato non blindare quel patto fino in fondo e metterlo in votazione sul blog quando era a metà», si è detto poi ieri in tarda serata quando neanche i più fedeli ai vertici credevano alla storia dell'establishment che si è rivoltato all'ultimo momento. Ma quella spiegazione è stata gettata in pasto all'ala ortodossa che già schiumava di gioia e vendetta alla notizia che l'accordo era saltato.

CORSIA PREFERENZIALE
E infatti la resa dei conti è cominciata prestissimo. Sotto accusa è finita quella sbrigativa lettera d'addio a Nigel Farage, leader dello Ukip e compagno d'avventura ripudiato. Molti parlamentari vedevano in lui l'ingresso su corsia preferenziale nel regno del presidente americano Donald Trump.
Ora è tutto più difficile. E per questo, poche ore dopo la pubblicazione sul blog di quella lettera, diversi eurodeputati hanno supplicato Beppe Grillo di chiamare Farage e chiedergli di considerare ancora la presenza del M5S nel gruppo EFDD. Dentro sono poi piovute le accuse a tutti quelli che si sono espressi a favore dell'alleanza con Alde. «Hanno anteposto le loro questioni personali al Movimento», questa la sintesi.
E quindi, nel mirino è finito Borrelli «che si voleva costruire un futuro politico da grand commis in Europa», «Fabio Massimo Castaldo che aspirava alla vicepresidenza del Parlamento e si è dimenticato il dna del M5S», «Laura Ferrara che tacciava ormai troppo spesso di xenofobia i compagni dello Ukip». I 17 eurodeputati sono divisi a metà e c'è chi medita decisioni clamorose. «Stavolta Golia ha battuto Davide», recita un commento, dove Golia sta per l'Alde e Davide per Casaleggio jr.

 
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