Il braccio di ferro su Savona. Ma Giorgetti si chiama fuori

Giovedì 24 Maggio 2018 di Alberto Gentili
Nuova giornata di tormenti, sospetti e tensioni per Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Nelle ore in cui il governo giallo-verde compie il primo passo concreto con l'incarico a Giuseppe Conte, i due leader si scontrano su come spartirsi la torta dei ministeri.

Il nodo principale è quello di sempre: a chi affidare la casella strategica dell'Economia. Salvini da giorni fa il diavolo a quattro per avere in via XX Settembre l'economista no-euro Paolo Savona. Un nome sgradito al Colle e poco apprezzato, di riflesso, da Di Maio che vuole avere un rapporto privilegiato con Sergio Mattarella.

LO SGARBO
Poco prima che Conte salga al Quirinale, Savona fa sapere di essersi dimesso dal fondo lussemburghese Euklid «per sopraggiunti impegni pubblici». Sembra il via libera. Invece è solo un azzardo, una mossa che sul Colle viene vista come uno sgarbo, un modo per imporre la decisione di Salvini. La prova: dopo pochi minuti comincia il tam tam di fonte grillina: Savona non andrà all'Economia, il suo posto sarà preso dal leghista Giancarlo Giorgetti, stimato al Quirinale e noto per la sua capacità di mediazione. Salvini ringhia: «Se è davvero così salta tutto». Di Maio fa il pesce in barile: «Matteo dice che la presenza di Savona è vincolante per il futuro del governo? Non mi risulta».

La tensione monta. Il capo della Lega fa recapitare a Di Maio due minacce. La prima: se Savona non sarà ministro, vorrà dire che non lo saranno neppure Giampiero Massolo e Enzo Moavero Milanesi. Il primo indicato agli Esteri e il secondo agli Affari europei. Spiegazione: senza l'economista no-euro manca equilibrio della squadra di governo, sparisce il contrappeso euroscettico ai due europeisti scelti dai grillini e benedetti dal Colle. La seconda minaccia: se non va Savona all'Economia, caro Luigi non avrai il super ministero allo Sviluppo economico e al Lavoro.
Di Maio tentenna. Alla fine, dopo tre ore di trattativa serrata, accetta il compromesso: resta Savona, rimangono Massolo e Moavero, si fa l'accorpamento dei due dicasteri utile al leader grillino per vigilare sull'attuazione del reddito di cittadinanza. La bandiera a 5Stelle. Tant'è che Salvini, a sera, mette a verbale: «Savona è una garanzia per gli italiani perché a Bruxelles difenderà i loro interessi. 5Stelle e Lega insistono per lui». E Giorgetti in persona: «Il ministro dell'Economia sarà Savona».

Il cerchio sembra chiuso (anche i 5Stelle annunciano di volere l'economista no-euro al Tesoro), ma così non è. L'ultima parola spetterà nei prossimi giorni a Mattarella che, in forza delle Costituzione, nomina i ministri. E una pista porta Savona nel ruolo di responsabile degli Affari europei: un contentino per la Lega. Di Maio si mostra al riguardo più realista del re: «Sono d'accordo con Salvini per Savona all'Economia, ma capiamo che c'è un'interlocuzione istituzionale. I nomi li decide il capo dello Stato di concerto con Conte».

L'altro fronte caldo della trattativa sono le Infrastrutture e i Trasporti. E' un ministero strategico per i grillini: serve per bloccare le grandi opere, a partire dalla Tav. Ma anche per la Lega: da questo dicastero dipende la Guardia costiera che coordina le operazioni di soccorso in mare dei migranti. Anche qui il braccio di ferro è aspro. I grillini propongono la no-Tav Laura Castelli o Mauro Coltorti. I leghisti rispondono con Lorenzo Fontana. Alla fine potrebbe andarci il solito Giorgetti (che in questa ipotesi non andrebbe a fare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio), per una questione di equilibri interni ai lumbard. Si vedrà: la partita si chiuderà solo sabato, se non lunedì, con il giuramento al Quirinale dell'intero governo.

IL NODO SICUREZZA
C'è poi il nodo del comparto sicurezza. Salvini ha prenotato gli Interni per sé e i Servizi segreti per Giorgetti, se andrà a fare il sottosegretario a palazzo Chigi e non il ministro all'Economia o alle Infrastrutture. I Colle però ha fatto sapere che se questo è lo schema, la Difesa non può essere appannaggio della Lega che chiede «mani libere» e lancia slogan legge e ordine. Così si fa sempre più forte l'ipotesi che il controllo delle Forze Armate vada ai 5Stelle con Elisabetta Trenta, docente di sicurezza e intelligence indicata da Di Maio nel governo grillino presentato prima delle elezioni.

Da stabilire poi se Salvini e Di Maio saranno vicepremier, oltre che ministri. Dal Colle, secondo diverse fonti, filtrano perplessità. Questo perché la presenza dei due leader nel ruolo di vice renderebbe ancora più difficile a Conte evitare di essere un semplice esecutore e di ritagliarsi quei margini di autonomia tanto cari a Mattarella. Come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo chiave e strategico, è previsto il braccio destro di Di Maio, Vincenzo Spadafora. Forse con accanto al leghista Fontana o all'onnipresente Giorgetti. Ma, si diceva, il braccio destro di Salvini è spendibile in diverse caselle.
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