Legge elettorale, sale la quota proporzionale. Ridotte le pluricandidature

Domenica 4 Giugno 2017 di Diodato Pirone
Legge elettorale, sale la quota proporzionale. Ridotte le pluricandidature

Con gli aggiustamenti di ieri della nuova legge elettorale è aumentato il potere dei partiti (5Stelle compresi) di imporre dei nominati o quello dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti? Secondo gli addetti ai lavori tutto sommato siamo al pari e patta. Le novità più importanti sono la riduzione del numero dei collegi uninominali da quota 303 a 232 ma contemporaneamente la drastica diminuzione delle pluricandidature che, per definizione, drenano voti in un territorio nascondendo la possibilità di non rappresenterlo.

La prima notizia è pessima se parametrata ai poteri dell'elettore. Com'è noto, il collegio uninominale assegna l'elezione al candidato che prende più voti e dunque a colui che l'elettore ritiene più capace di rappresentare il territorio. Averne persi una settantina è una cattiva notizia anche perché in questo modo si attenua la componente maggioritaria della legge.

La riduzione dei collegi è una cattiva notizia anche per il Pd che considera i propri candidati mediamente più legati al territorio di quelli di altri partiti e si aspetta che proprio i collegi facciano da traino alla propria campagna elettorale. Tuttavia la chiusura della partita sui collegi rafforza la legge perché chiude la polemica sul fatto che nella sua precedente versione, in alcuni rari casi, i vincitori di alcuni collegi non sarebbero stati eletti deputati. Un vulnus secondo alcuni incostituzionale.

La soluzione trovata, ovvero quella di prendere i 232 collegi già utilizzati per il Senato nel 2001, agli occhi di tre dei quattro partiti che stanno trattando sulla legge (Pd, M5S e Lega) ha anche il pregio di accorciare i possibili tempi della transizione verso le elezioni. A questo punto, sul piano tecnico, si tratterebbe solo di definire circa 160 collegi del Senato e tutto sarebbe pronto per l'apertura delle urne.

STOP AGLI SPECCHIETTI
Darà molti più poteri agli elettori italiani, invece, la decisione di ridurre le pluricandidature. Il primo testo della legge prevedeva che un candidato potesse presentarsi in un collegio e in tre listini bloccati. L'accordo raggiunto ieri stabilisce invece che ogni candidato possa presentarsi in un collegio e in una sola lista. Questo significa che la ventina di politici di categoria Big che sono abituati a utilizzare le pluricandidature come specchietto delle allodole per gli elettori (famoso il caso di Berlusconi candidato in un tutte le maxicircoscrizioni di una tornata elettorale europea) faranno relativamente pochi danni. D'altra parte la pluricandidatura in un collegio e in un listino è consentita anche dalla legge tedesca che però impone un ulteriore limite: il candidato può scegliere il doppio canale solo in una Regione. In Italia questa limitazione non ci sarà ma non c'è dubbio che la trasparenza del rapporto fra candidati ed elettori sia migliorata.

Nel varo di questa norma, per la quale si sono battuti soprattutto M5S e, più freddamente, il Pd, sembra esserci anche un po' di malizia politica: è evidente che poche pluricandidature danneggiano i partiti medio-piccoli e soprattutto alfaniani e bersaniani che per dimensioni e nascita recente dispongono di personale politico relativamente meno noto.

LA BATTAGLIA SULLE FIRME
Gli altri dettagli all'esame ieri della Commissione hanno il sapore degli aggiustamenti tecnici. Ad esempio si sta discutendo di aumentare da 27 a 29 le Circoscrizoni elettorali ad esempio dividendo il Veneto non più in due ma in tre aree. La mossa comporterebbe un leggero aumento dei candidati nominati perché, com'è noto, la graduatoria degli eletti di ogni partito in ogni circoscrizione partirà dal primo nome del listino bloccato. Gli eletti successivi saranno i vincitori di collegio dal più votato in giù e poi si tornerà al listino.

E se a un partito, in una Circoscrizione, venissero attribuiti più seggi dei nomi in listino e degli eventuali vincitori di collegio? In questo caso entrerebbero alla Camera i cosiddetti migliori perdenti nei collegi, ovvero i candidati di quel partito che pur non avendo vinto il seggio hanno preso il più alto numero dei voti fra tutti i collegi della circoscrizione.
Ultimo elemento per valutare la qualità della legge che sta nascendo: la quantità di firme chieste, per presentarsi alle politiche, ai partiti che non erano presenti alle precedenti elezioni. Questo elemento è determinante soprattutto per i piccoli partiti o i parlamentari (molte decine) che hanno lasciato i gruppi nei quali sono stati eletti e vorrebbero tentare la strada della rielezione con nuovi partiti. Su questo punto ieri in Commissione c'è stata battaglia. Anche qui con qualche elemento di malizia dei grandi partiti. Con lo sbarramento del 5% è evidente che più partiti si presentano e più crescerà la quantità di voti che non saranno conteggiati per l'attribuzione dei seggi assegnando un premio nascosto ai grandi. Non va dimenticato che in Germania, alla ultime elezioni del 2013, il 15% dei voti andò in fumo.

 

Ultimo aggiornamento: 11:14