Il leader M5S a Londra, ma i maggiori investitori disertano l'incontro: il giallo larghe intese

Giovedì 1 Febbraio 2018 di Cristina Marconi
Il leader M5S a Londra, ma i maggiori investitori disertano l'incontro: il giallo larghe intese
«Non siamo populisti». Un partito moderato, «dall'altra parte» rispetto all'antico alleato euroscettico Ukip, aperto ad un ventaglio ampio di alleanze e pronto a lanciare, la sera del 4 marzo, un «appello pubblico a tutti i partiti per evitare che l'Italia sprofondi nel caos». Così il candidato premier dei Cinque Stelle Luigi Di Maio ha presentato il suo partito agli investitori che ha incontrato ieri nella capitale britannica e le cui società, ha spiegato, pesano quanto «l'intero debito pubblico italiano». Un'agenzia di stampa ha riferito di un'apertura esplicita a un governo di larghe intese con FI, Lega e Pd. Una nota, a sera, ha escluso esplicitamente questa eventualità («un problema di traduzione»), precisando che «Luigi Di Maio ha detto semplicemente che non possiamo dire adesso con quali partiti» ci potrebbe essere una convergenza sui nostri punti post-voto «perché non sappiamo la loro consistenza». La convergenza, però, resta il cuore dell'agenda 5Stelle: un nuovo corso pentastellato a tutti gli effetti, annunciato non a caso proprio nel quartier generale di mercati e investitori.

IL PRANZO
Gli incontri sono iniziati alle 7,30 del mattino e sono finiti dopo un pranzo in cui, secondo alcune fonti, ci sono state almeno venti persone intorno al tavolo ad ascoltare quello che Di Maio aveva da dire ai mercati. Mancavano i grandi fondi che si occupano d'Italia, c'erano Pimco e il fondo pensioni Fidelity, ma nella City l'appuntamento con Di Maio è stato per lo più ignorato: le grandi banche non sono state coinvolte e si fatica a trovare qualcuno, nel giro di chi si occupa di Italia, che sia stato invitato o abbia partecipato all'incontro. Ma i finanzieri sono notoriamente reticenti a parlare e qui, più che la City, il quartiere londinese coinvolto è quello della finanza discreta di Mayfair e dei fondi che cercano di capire se, come ha scritto il Financial Times questa settimana, un governo con i Cinque Stelle provocherebbe «un attacco cardiaco collettivo».

L'ECONOMISTA
Organizzato dal fondatore dell'agenzia di analisi politica Policy Sonar Francesco Galietti, l'evento londinese si è avvalso anche dei contatti del professor Lorenzo Fioramonti, docente a Pretoria e autore di un libro sulla fine del Pil recensito anche dal Financial Times.
Di Maio ha parlato di quello che succederà all'indomani delle elezioni. «Riconoscono che siamo un player importante» e l'incontro «li ha rassicurati», ha spiegato, aggiungendo di aver parlato dell'accelerazione dei tempi della giustizia, dell'abolizione di 400 leggi e del «taglio delle tasse alle imprese con la rimodulazione dell'Irpef».

Intanto in Italia non accennano a placarsi le polemiche sui trascorsi politici di molti dei candidati pentastellati. Leonardo Franci, rivela il coordinatore FI in Toscana Stefano Mugnai, «nel 2016 voleva fare il sindaco di Montevarchi con noi». Anzi, secondo il segretario toscano della Lega Manuel Vescovi, nel 2017 si è anche iscritto al Carroccio. In Sicilia Vittoria Casa è stata a Bagheria (dove è candidata) assessore del sindaco sostenuto dal Pd Vincenzo Lo Meo. E, sempre in Sicilia, solo due giorni fa Riccardo Nuti chiedeva, via facebook, se Francesco Mollame, candidato a Marsala per il Senato, non sia lo stesso che nel 2008 sosteneva Mpa. A Torino è il candidato Leu Marco Grimoldi a sottolineare come, sul web, il passato dell'economista Paolo Turati sia stato oscurato. Un passato che, nel 2014, vedeva Turati sostenere l'azzurra Claudia Porchietto. Ma è chiaro che se l'obiettivo diventa la governabilità il problema del passato politico dei candidati è davvero secondario.
Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA