Costi della politica, i dipendenti delle Camere guadagnano più degli onorevoli

Sabato 31 Marzo 2018 di Diodato Pirone
In Italia c'è casta e casta. E anche alle caste, come per ogni altra cosa, non viene assicurato un trattamento equanime. Persino se convivono fianco a fianco e addirittura sotto lo stesso tetto.
La prova? Il caso del trattamento riservato ai vitalizi dei parlamentari e a quello delle pensioni dei dipendenti delle Camere ha dell'eclatante.

Se si sfogliano i bilanci di Camera e Senato un dato balza agli occhi: la voce di spesa più alta dei templi della politica non è quella della previdenza dei politici ma quella dei loro dipendenti. Montecitorio quest'anno ha previsto di spendere per le rendite dei suoi ex lavoratori ben 273 milioni. Palazzo Madama prevede per lo stesso capitolo 150 milioni. La somma fa 423 milioni. Si tratta di quasi il doppio dei 222 milioni che le due Camere (136 Montecitorio e 86 Palazzo madama) prevedono di assegnare ai vitalizi degli ex deputati e senatori. Se si pensa che entrambe le Camere costano complessivamente agli italiani meno di 1.500 milioni si scopre che le pensioni dei dipendenti assorbono ben il 28% dei due bilanci mentre quelle dei politici solo il 15%.

NESSUN SEGRETO
Non è un segreto del resto che parecchie decine di pensioni assicurate dalla fascia più alta dei dirigenti delle Camere, segretari, vicesegretari e consiglieri parlamentari, superano i 300.000 euro lordi, livello abissalmente più alto di quello anche del vitalizio più dorato.

La musica non cambia frequenza se si passa agli stipendi. Camera e Senato hanno circa 1.700 dipendenti, moltissimi dei quali guadagnano più dei politici che vengono comunemente accusati di vivere come nababbi.
Non che i dipendenti delle Camere non lavorino o lavorino male. Anzi. Negli ultimi 10 anni sono diminuiti del 40% e in molte aree, dai commessi ai funzionari più alti in grado e assegnati alle funzioni più delicate, servirebbero al più presto nuove assunzioni. Resta il fatto però che dal gennaio del 2018 gli stipendi dei dipendenti delle due Camere sono tornati alle cifre siderali di tre anni fa dopo che per un triennio, sull'onda del tetto di 240 mila euro voluto dal governo Renzi per i dirigenti pubblici, è stato imposto un limite che li ha calmierati.

Accade così che una sessantina di consiglieri parlamentari sono tornati a sforare quota 300.000 euro mentre un deputato riceve circa 120.000 euro annui di stipendio loro oltre ai circa 100.000 euro sotto forma di rimborsi che vanno documentati. Secondo la Dirstat, il sindacato dei dirigenti pubblici la metà dei 249 documentaristi supera il tetto di 166.000 euro mentre anche il 50% dei 265 segretari parlamentari si colloca oltre il tetto di 115.000 euro e il 50% dei 317 assistenti parlamentari (commessi, barbieri, ex addetti alla buvette e al ristorante) supera la soglia masima dei 99.000 euro valida fino a dicembre 2017.

Accade così che entrambe le Camere spendano per gli stipendi dei loro dipendenti più di ciò che va ai politici. Ecco le cifre: le indennità dei deputati assorbono 145 milioni mentre ai 1.100 dipendenti di Montecitorio andranno quest'anno circa 175 milioni con un incremento di 4,5 milioni sul 2017 causato dall'addio al tetto; a Palazzo Madama i senatori assorbono 80 milioni mentre ai dipendenti andranno 100 milioni con un incremento di 1,6 milioni sul 2017.

Dopo il possibile taglio ai vitalizi è possibile che gli uffici di presidenza delle Camere varino anche nuovi tetti per i maxi-stipendi dei dipendenti? Difficile dirlo. Alla fine della scorsa legislatura si è parlato di ben altro, ovvero di nuovi concorsi per almeno 150 assunzioni. Ai neoassunti, sulla base di un accordo sindacale di due anni fa sarebbero assicurati stipendi decurati del 20%.
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