Bilancio e legge elettorale:
rispunta il governo di tregua

Sabato 28 Aprile 2018 di Marco Conti
Bilancio e legge elettorale: rispunta il governo di tregua
Due giorni prima della direzione del Pd che dovrebbe decidere se e come accettare il tavolo di trattativa con il M5S, Donald Trump deciderà se e come togliere l’esenzione all’Europa dei dazi commerciali Usa.
Una partita destinata ad incidere non poco sulla crescita e che ha spinto nel giro di una settimana prima Emmanuel Macron e poi Angela Merkel a varcare i cancelli della Casa Bianca per incontrare il presidente Usa. I dazi americani rischiano di infliggere un duro colpo alla crescita europea e di dimezzare quella del nostro Paese. Gli analisti calcolano un meno 0,5% quest’anno e quasi un uno per cento in meno per i prossimi due. Una prospettiva non troppo brillante per i nostri conti pubblici che in autunno dovranno anche affrontare il nodo delle clausole di salvaguardia. Al tavolo che Trump ha aperto a Washington con Parigi e Berlino, l’Italia non c’è ma rischia ugualmente di pagarne il conto che si aggiungerebbe a quello che già da anni paga a seguito delle sanzioni a Mosca.

IL SOLLECITO
Al di là della simpatia o antipatia espresse per Putin, Le Pen, Assad, Trump o Kim Jong-un, la politica estera è assente dal dibattito per la formazione del governo. Soprattutto si ha la netta sensazione che non se ne considerino le ricadute sulla tenuta del Paese in un momento dove le sedi multilaterali di negoziato sono deserte e si preferisce la via dell’accordo bilaterale. Esattamente ciò che stanno facendo i francesi e i tedeschi. 
La crisi di governo, che di fatto si è aperta dopo il 4 marzo, rischia tra qualche giorno di registrare il fallimento dell’ennesimo tentativo di formazione di un governo. Salvo colpi di scena, l’intesa tra M5S e Pd per un governo politico è destinata ad infrangersi sul muro dei reciproci veti. L’esigenza - sollecitata più volte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella - di dotare il Paese di un governo in un momento di gravi crisi internazionali e soprattutto in vista del consiglio europeo di fine giugno, non sembra trovare adeguata sensibilità. Qualora dovesse fallire anche il tentativo M5S-Pd, il Quirinale potrebbe avviare un ultimo e decisivo giro di consultazioni con i partiti per un richiamo al senso di responsabilità.

La strada del governo istituzionale o di tutti, resta in salita, viste le dichiarazioni di tutti i leader, ma è l’unica da battere per accompagnare senza traumi il Paese al voto. D’altra parte che il compito possa essere dell’attuale governo sembra complicato anche sotto il profilo istituzionale. Si tratta infatti di un governo che si ritroverebbe a gestire gli affari correnti anche con il prossimo Parlamento avendo incassato la fiducia due “parlamenti” fa. A Giorgio Lattanzi, attuale presidente della Corte Costituzionale, potrebbe quindi toccare il compito di guidare un governo semi-tecnico che verrebbe mandato in Parlamento ad incassare la fiducia sulla spinta di una assunzione di responsabilità dei partiti. Compito dell’esecutivo, portare il Paese in autunno al voto con due compiti principali: scrivere la legge di Bilancio e riformare la legge elettorale. Il primo obiettivo è dovuto, sempre che i partiti vogliano evitare all’Italia, oltre ad una pessima figura con Bruxelles, l’esercizio provvisorio. Ovviamente la legge di Bilancio presuppone un fitto confronto con i commissari Ue che non potrà non investire anche le scelte che si faranno in Europa in tema di immigrazione e di revisione degli accordi di Dublino.

L’OPERA
Molto più complicato l’altro obiettivo. L’attuale Rosatellum, malgrado venga ora biasimato da tutti, fu di fatto voluto da tutti i partiti più grandi, anche se il M5S alla fine ha votato contro. Ovvero un sistema di fatto proporzionale, senza quel premio di maggioranza che ora - più o meno a parole - tutti dicono di volere. Riformare la legge elettorale è però forse passaggio più complicato della legge di Bilancio, oltre a ritorcesi solitamente contro chi la propone. Il M5S in cinque anni di legislatura ha promosso una serie di sistemi elettorali, tutti di stampo proporzionale. Il Pd è passato dall’Italicum (che “accessoriava” la riforma costituzionale), al tedeschellum per poi arrivare all’attuale legge. Il centrodestra si è diviso anche su questo. Lega e FI hanno rischiato la rottura sul tedeschellum e FdI ha duramente criticato gli alleati per aver votato il sistema in vigore.
La prospettiva di inserire un premio di maggioranza, piace ora al centrodestra, che lo vorrebbe di coalizione, ma ciò è inaccettabile per il M5S che al massimo lo immagina al partito. Il timore che al prossimo giro sia proprio il centrodestra a potersi avvantaggiare del premio, raffredda gli entusiasmi grillini e quelli del Pd. Al Nazareno sono infatti molti a pensare che, lasciando la legge invariata, il tema delle alleanze si porrà nella prossima campagna elettorale e il Pd potrà giocare anche il ruolo da ago della bilancia.
 
Ultimo aggiornamento: 09:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA