Aplomb e tradizione, Paolo il renzista mite - di M. Ajello

Sabato 10 Dicembre 2016 di Mario Ajello
Aplomb e tradizione, Paolo il renzista mite - di M. Ajello
Dopo la batosta al referendum, Paolo Gentiloni ha twittato: «Capisco la delusione, ma si può essere tristi per un giorno. Bisogna saper perdere, come ha indicato @matteorenzi. E poi ripartire». Nel caso tocchi al ministro degli Esteri di succedere a Matteo, vedremo un clone del Rottamatore-Rottamato sulla poltrona più importante del governo? Non sarà proprio così, e non solo perché Gentiloni è renziano ante-litteram, ovvero è renziano prima ancora che Renzi si affacciasse alla grande ribalta, e dunque non nasce con Matteo. Se il renzismo è finito, il che non è affatto detto considerando la voglia di rivincita del personaggio, l'eventuale ascesa (per storpiare il titolo del capolavoro di Brancati) di Paolo il non caldo - nel senso che il tipo è sobrio e misurato, ma spiritoso e affabile - non rappresenterà il Termidoro, cioè la fine della rivoluzione. 

CONTINUITA'
Incarnerà viceversa una continuità, meno irruenta, più low profile, un po' più di mondo - egli non viene da Rignano e abita quasi di fronte al Quirinale nel palazzo Gentiloni, cioè di famiglia - rispetto a questi tre anni dominati dal Giglio Magico del quale lui comunque, anche per questioni geografiche oltre a un fatto di aplomb e tradizione, non fa parte. La sua nomina a premier non crea problemi nel Pd, perché renziano da sempre è un renziano gentile Gentiloni e non si è fatto nemici nel partito. Anche se di fatto, dal punto di vista politico, nel governo Renzi, il titolare della Farnesina è stato il vero numero due. La sua ascesa a premier conterrebbe una morale che è questa. Nella Prima Repubblica, le vicende dei partiti di governo si risolvevano anche con i cambi nel governo. E così sembra di nuovo adesso: Gentiloni premier stoppa i frondisti dem (che sarebbero rappresentati dall'asse forse reale o forse ipotetico Franceschini-Orlando) e rafforza il renzismo nel partito. Gentiloni sembra pacioso, ma - come dicono sorridendo alcuni amici - «non dimenticatevi da dove viene. Dal Mls, Movimento lavoratori per il socialismo, che a quei tempi era un po' stalinista». Ma questa è archeologia. Francesco Rutelli una volta ha spiegato: «La Margherita è stata una sorta di cantera, il vivaio del Barcellona». E in quel vivaio Gentiloni è stato una delle figure di spicco, insieme a Rutelli di cui è stato portavoce e uomo forte negli anni del Campidoglio e del Giubileo del 2000, a Michele Anzaldi, a Ernesto Realacci, a Roberto Giachetti, a Filippo Sensi. Il rutellismo è diventato insomma renzismo, ma senza perdere il proprio Dna. Quanto alla Margherita, è stato anche il partito di Mattarella: e tra il presidente e il forse premier il rapporto è antico e assolutamente consolidato. Per capire il tipo, ecco come ne parla il suo semi-fratello Realacci (erano entrambi a Lega Ambiente): «Per dire che uno è un cretino, Paolo è capace di perifrasi fredde, taglienti, ma non offensive. Del tipo: non sono sicuro che io mi comporterei come lui...». A De Mita, quando incontrava Gentiloni alle riunioni della Margherita, brillavano gli occhi: «Quando sento il cognome Gentiloni - diceva Ciriaco - capisco che questo non è un partito estremista e che ha radici nella vera storia del Paese». Il riferimento demitiano era ovviamente al Patto Gentiloni, che riportò nel 2013 i cattolici nella politica italiana superando il trauma della Breccia di Porta Pia e il non expedit. 

MISSIONI
Un tipo pacato come lui, s'è trovato ad affrontare - da ministro degli Esteri - situazioni hard: come la vicenda dei marò e quella dell'omicidio Regeni. In entrambi i casi ha sfoderato una durezza, che molti non gli conoscevano, priva comunque di aggressività provocatoria. E' stato costretto ad esporsi, e lo ha saputo fare. Cambiando un po' il suo profilo. Ha lavorato molto sulla Libia. Missioni in Sudamerica, Africa, Afghanistan, Pakistan. A Teheran, è stato sia prima dello storico accordo sul nucleare iraniano sia subito dopo, aprendo la strada alla visita di Renzi. A Cuba, Gentiloni ha puntato sul tempismo, diventando il primo ministro di un Paese europeo all'Avana dopo il disgelo con gli Usa. 
Adesso cambia funzione. 
Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 00:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA