M5S, Di Maio ridiventa combat: via alla "competition" con la Lega

Sabato 5 Maggio 2018 di Mario Ajello
M5S, Di Maio ridiventa combat: via alla competition con la Lega
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Altro che governo di tregua: opposizione e guerra! Altro che esibito bon ton: ora siamo al «pagherete tutto!». E Giggino o democristiano mancato cambia l'abito (su Facebook s'ironizza: «A.A.A. Doppiopetto vendesi come nuovo, usato solo 60 giorni», firmato Di Maio») e rimette l'armatura. O la divisa da Mao, visto che - parlando di Salvini - il capo grillino usa l'espressione «traditori del popolo» somigliante a quella di Tze-Tung che definì Confucio, con un millennio di ritardo, «traditore della causa rivoluzionaria». E comunque, comincia la lotta dura senza paura.

Riecco la piazza e il grillismo muscolare delle origini. Avanti con il format scravattato modello 2013 da riproporre in questa campagna elettorale, e con il vaffa di ritorno che annichilisce l'aplomb da grande forza tranquilla mitterrandiana (ma figuriamoci) o dorotea (Rumor era tutt'altro) e supera l'atlantismo tattico e il linguaggio non contundente da «due forni» e tutti gli altri ingredienti dell'istituzionalizzazione, avviata in questi mesi e repentinamente abbandonati adesso che non servono più per entrare a Palazzo Chigi.

INDICI DI S-GRADIMENTO
La mossa moderata non ha premiato. Negli indici di gradimento personale e nei sondaggi di partito Giggino e M5S sono in discesa e la Lega va oltre il 20 per cento. Per non dire delle performance elettorali, una scarsa (Molise) e una disastrosa (Friuli) che raccontano come al Sud, vero granaio, e al Nord, dove non ha mai sfigurato, i cinque stelle versione post-grillesca soffrano Salvini voti in quest'epoca del voto volatile e cangiante.

Che fare? La risposta di Giggino è quella d'interrompere di colpo la tattica del governismo e il tentativo dell'affidabilità, che in questi due mesi non sono dispiaciuti a Mattarella e a parte del Pd ma sembrano essersi sciolti nella loro evanescenza, e mettersi sulla scia del Carroccio nella speranza di sgonfiargli le gomme nella gara a chi grida di più. La terza versione di Giggino - barricadiero, manovriero, ri-barricadiero - chissà se sarà quella definitiva. E' la fisionomia dell'anti-Palazzo e del simil-Matteo quella che ora vorrebbe incarnare il premier mancato, ma gli tocca rincorrere sul suo terreno il titolare. Ossia Salvini, il quale fin qui ha attaccato le cancellerie internazionali e Bruxelles, riuscendo a definirsi come uno che sta contro o meglio che è in ma anche out. E «chi contesta nel contesto / fa carriera assai più presto», dice una rimetta.

Lo scontro elettorale io contro di te e viceversa, che pure prevede nel frattempo patti di potere, come è stato nella spartizione delle Camere replicabile nelle scelte sulla Rai, è cominciato in maniera fragorosa. E punta, da parte di Di Maio, a contenere tra l'altro un'altra sconfitta annunciata che sarà quella delle amministrative di giugno, con sette milioni di italiani al voto e nessuna città importante pronta ad offrirsi ai 5 stelle. Compresa Siena, città simbolo nella retorica grillina sui disastri politico-economici del Pd, dove M5S devastato da lotte intestine non ha un candidato sindaco e il voto di protesta si sta spostando sulla ruspa leghista.

Si tratta anche, per non perdere l'elettorato meridionale il più generoso con i 5 stelle ma sempre più insidiato da Salvini, di ridarsi una verniciata ribellista più capace di pescare nella rabbia sociale. Che aveva dato una delega di governo al grillismo ma è per ora rimasto a corto di risposte. Perché M5S non è stato capace di muoversi nelle logiche costruttive del Palazzo, e accusa il Palazzo - e non i propri deficit di manovra - di averlo espulso e «c'è stato un colpo di Stato alla rovescia per espellerci», assicura il redivivo Beppe Grillo.

IL REMAKE
Insomma, opposizione combat. Toni magniloquenti e avvertimenti («Arriveremo molto presto alla Rai e cambieremo i direttori»). Ecco la rincorsa al «passato di un'illusione» (copyright rancois Furet a proposito dei miti rivoluzionari) che sta portando i 5 stelle a rispolverare l'armamentario dei tempi eroici. Ma i remake non riescono mai come gli originali. E tenersi fuori dai governi istituzionali e dire di no alle ultime offerte di Salvini, cercando di recuperare il proprio popolo e la propria alterità piuttosto compromessa, potrebbe rivelarsi l'ultima acrobazia. Ma il filo sembra sempre più esile e la concorrenza è spietata.
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