Allarme gelo, ma la marcia sui Balcani non si ferma

Lunedì 25 Gennaio 2016 di Fabio Morabito
Allarme gelo, ma la marcia sui Balcani non si ferma
Mentre l'Europa si riunisce nell'ennesimo vertice sui migranti l'emergenza nei campi profughi e della lunga marcia che dal Mare Egeo raggiunge Croazia e Slovenia, vive i giorni del grande freddo. Le temperature in picchiata hanno sfiorato i meno venti gradi al confine serbo con la Macedonia, una delle tappe obbligate della rotta dei Balcani. In Libano, nella valle della Bekaa, a inizio dell'anno una tempesta di neve ha spazzato via le tende del campo dei profughi siriani in fuga dalla guerra. Le organizzazioni umanitarie diffondono appelli per acquistare coperte, teli di plastica per le tende, materiali di isolamento, stufe, fornelli e vestiti invernali. Save the Children, la ong in difesa dei bambini, a Belgrado ha già segnalato casi di ipotermia e di congelamento.

Valentina Bollenback, tra le responsabili della ong in Serbia, raccontava nei giorni scorsi che a Presevo «le madri sono in difficoltà perché non riescono a tenere i loro bambini al caldo e al sicuro. Vediamo bambini con labbra e mani livide, febbre alta e problemi respiratori». Ma a Presevo dove c'è un centro di accoglienza attrezzato, sono pochi quelli che scelgono di fermarsi.

SFINITI MA IN CAMMINO
La marcia continua, nonostante il freddo e il vento gelido, e le immagini diffuse ritraggono il dramma di questo esodo infinito: le madri sfinite tengono i loro figli più piccoli stretti e avvolti in coperte, i bambini più grandi portano buste di plastica tenendole anche con i denti, gli adulti si fanno carico dei pesi più grandi.
Non ci sono riusciti i muri e i fili spinati, non ci riesce il clima a fermare questo cammino verso la speranza. Anche se i media tedeschi ha raccontato la storia di aspiranti rifugiati iracheni che una volta raggiunta la “terra promessa” sono voluti tornare indietro. E Berlino volentieri ha offerto loro il biglietto di ritorno, in aereo. Ma si tratta di storie che fanno più colore che realtà: sono migranti che non sopportavano di essere confinati in palestre trasformate in centro d'accoglienza, in attesa di un asilo politico che è garantito solo ai siriani, in fuga da una guerra.

I DUE VALICHI
Ma nonostante il freddo, e l'acqua gelida del mare, arrivano in Grecia almeno mille persone al giorno, fino anche a millecinquecento. «Oltre a rischiare la vita durante la traversata, i bambini arrivano in condizioni drammatiche, con le labbra blu e chiari segni di ipotermia» avverte Raffaella Milano di Save the Children. Ventisette bambini sono morti nelle acque dell'Egeo nell'arco di appena sette giorni. Fatale è stata anche la temperatura gelida dell'acqua.
Quanto poco il freddo possa fermare il grande esodo lo dimostra la popolarità che sta avendo - sia pure su numeri ancora piccoli - quella che è stata chiamata la “rotta polare”. È quella che passa dalla regione russa di Murmansk, e che confina con due valichi per la Finlandia. Si passa dalla Russia, per raggiungere anche la Norvegia.
Ma subito Oslo ha provato a scoraggiare i migranti della “rotta polare”, rimpatriando parte di loro verso la Russia. E la Finlandia ha fatto sapere che farà lo stesso con i migranti passati attraverso i valichi con la Russia, se non verranno accettate le loro richieste d'asilo. Ma non c'è decisione che si affranchi dalla pietà e che sia sufficiente a fermare una speranza come questa, la speranza di popoli in cammino.