Migranti, l'Unione europea dice no a Salvini: «La Libia non è un porto sicuro»

Lunedì 16 Luglio 2018
Migranti, l'Unione europea dice no a Salvini: «La Libia non è un porto sicuro»

Matteo Salvini apre un nuovo fronte con l'Europa mentre è ancora in corso la partita con Bruxelles e i partner europei per i ricollocamenti dei 450 migranti sbarcati a Pozzallo: la Libia deve essere considerata un 'porto sicurò, dice il ministro dell'Interno, dove riportare tutti coloro che salpano dalle coste del paese nordafricano. Non se ne parla, è la risposta secca che arriva dalla Commissione proprio mentre a Zwuara - uno dei principali porti da cui salpano i barconi stracarichi di esseri umani - si scopre l'ennesima tragedia: otto migranti, tra cui sei bambini, uccisi dalle esalazioni di benzina all'interno del container dove erano stipati con altre 90 persone in attesa di affrontare il mare. 

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«Dobbiamo cambiare la normativa e rendere i porti libici porti sicuri» afferma il titolare del Viminale da Mosca accusando l'Europa di «ipocrisia». «Si danno i soldi ai libici, si forniscono le motovedette, si addestra la Guardia costiera.

Ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro. È un bipolarismo che va superato». Passa qualche ora e Bruxelles lo gela. «Nessuna operazione o nave europea fa sbarchi in Libia perché noi non consideriamo la Libia un porto sicuro» sottolinea un portavoce della Commissione prima dell'intervento dell'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini.
 

La decisione di non considerare la Libia un porto sicuro, precisa, «è della Corte europea dei diritti dell'uomo, quindi è una valutazione puramente giuridica, sulla quale non c'è decisione politica da prendere, ma è puramente nella mani di una Corte indipendente, che ha i suoi metodi di valutazione basati sullo stato di diritto e sulla legge». Senza contare che la questione «non è stata sollevata dall'Italia al Consiglio» Ue. Come dire: il nostro paese, nelle sedi ufficiali, non ha mai ventilato l'ipotesi. Immediata la replica di Salvini, parecchio irritato dal niet di Bruxelles.

«L'Unione europea vuole continuare ad agevolare il lavoro sporco degli scafisti? Non lo farà in mio nome, o si cambia o saremo costretti a muoverci da soli» scrive su Twitter ipotizzando anche di voler chiedere la modifica delle norme sui respingimenti: «qualcosa che è vietato oggi può diventare normalità domani». Per il momento però, alle parole non seguono strappi. Anzi. Le trattative diplomatiche tra palazzo Chigi e gli altri paesi europei per ricollocare i 450 sbarcati a Pozzallo proseguono. E il premier Conte è tornato a ribadire che l'Italia «non è più sola» e tutti coloro che arrivano «sbarcano in Europa».

Ai cinque paesi - Malta, Francia, Germania, Spagna e Portogallo - che hanno già annunciato di voler accogliere 50 persone ciascuno, si è aggiunta oggi l'Irlanda, che prenderà 20 migranti. E non è escluso che anche il Belgio faccia la sua parte. I tempi per le «relocations» non saranno brevissimi: i migranti sbarcati sono stati già identificati e fotosegnalati nell'hotspot di Pozzallo e ora sono al lavoro le diplomazie per mettere a punto tutti i dettagli dell'operazione, a partire dalla deroga a Dublino. Nei prossimi giorni arriveranno in Italia funzionari dei vari paesi che hanno dato il via libera all'accoglienza e solo una volta concluso lo screening i migranti lasceranno il nostro paese. Ma non i quasi 130 minori non accompagnati: la normativa è chiara su questo fronte e prevede tutta una serie di tutele, a partire dal fatto che questi soggetti debbano rimanere nel paese in cui sbarcano.

Dunque sarà l'Italia a farsi carico della loro accoglienza. Con le trattative ancora in piedi, un altro problema si profila però all'orizzonte: Bruxelles ha già fatto sapere che soluzioni come quella individuata in questo caso «non siano sostenibili a lungo termine». Va dunque trovata un'altra via d'uscita per non fare di ogni sbarco un caso europeo sulla pelle dei più deboli. Il primo banco di prova per il governo sarà tra due giorni alla riunione del Comitato politico e di sicurezza (Cops) dell'Ue, in cui è in programma la richiesta dell'Italia per modificare la missione Sophia, così che non sia più il nostro paese l'unico porto di approdo. Ma che ci si riesca e tutt'altra cosa. 

Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 09:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA