Tassa di soggiorno, il tesoro dei Comuni: incassati oltre 500 milioni

Giovedì 24 Maggio 2018 di Claudia Guasco
Tassa di soggiorno, il tesoro dei Comuni: incassati oltre 500 milioni
È un tesoretto prezioso per i comuni, una «gabella medievale» secondo gli albergatori, un esborso al quale i turisti - dopo le iniziali resistenze - si sono abituati. Nel 2017 gli incassi derivati dalla tassa di soggiorno hanno superato quota 463 milioni di euro, quest'anno si andrà oltre i 507 milioni e nel 2019 si arriverebbe a quota 606 milioni se il governo si accordasse con le piattaforme Airbnb e simili.

Sempre che l'imposta ci sia ancora, considerato che il contratto tra Lega e M5S prevede di eliminarla. «Un clamoroso autogol», commenta il sindaco di Firenze Dario Nardella. Mentre l'assessore di Milano Filippo Del Corno e il collega di Roma Luca Bergamo uniscono le forze in un inedito asse contro l'abolizione: «Ha un impatto significativo sui bilanci».

ALBERGATORI CONTRO
Nel 2016, secondo i dati dell'Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno di Jfc, nelle casse di Roma sono entrati 126 milioni di euro, a Milano 41,4 milioni, a Firenze 30 milioni, a Venezia 29 e a Napoli quasi 6 milioni di euro. La possibilità offerta ai Comuni dalla legge 96 del giugno 2017 non è caduta nel vuoto: 116 hanno introdotto l'imposta e altri 137 ne stanno discutendo, in ogni caso la lista si allunga ogni giorno. Dai primi quattro mesi di quest'anno i viaggiatori pagano per pernottare in altre 59 città italiane, nelle perle del Tigullio, da Santa Margherita a Portofino, ma anche a Positano, Cupra Marittima, Pistoia, Enna e Montefiascone. Eppure, ogni volta che la questione approda in consiglio comunale, sono scintille.

L'ultimo scontro, un mese fa, a Trieste, dove il sindaco Marco Bucci è stato contestato dagli albergatori che attaccano la gestione accentratrice dei fondi: vanno utilizzati in accordo con le associazioni di categoria, sostengono, e non per riparare i marciapiedi o pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Stessa protesta a Savona, città che stando alle associazioni di categoria locali incassa 280 mila euro ma ne destina solo 22 al turismo. «Il problema è proprio questo, come viene speso il denaro della tassa», rileva l'amministratore unico di Jfc, Massimo Feruzzi.

QUESTIONE DI TRASPARENZA
«Ogni comune si è fatto un proprio regolamento, inserisce gli incassi in voci generiche e alla fine è impossibile verificare dove vanno a finire i soldi. Alcuni li usano per la spesa corrente anziché per finalità turistiche, di promozione, recupero di musei, eventi, segnaletica. E così spesso si finisce per tappare le buche in strada con il denaro dei villeggianti. Questo perché dal decreto istitutivo non si è passati al decreto attuativo e quindi manca un regolamento nazionale», spiega Feruzzi.

E così qualcuno fa marcia indietro, come Lodi che quest'anno l'ha cancellata rinunciando a 32 mia euro. Chi se la tiene ben stretta invece è Cortina d'Ampezzo e il sindaco Gianpiero Ghedina non ha nascosto il suo sconcerto quando ha saputo che la tassa è a rischio. Significherebbe 1,2 milioni di euro in meno per la regina delle Dolomiti. «Non capisco il motivo - afferma il sindaco - qui i turisti sono al 60% stranieri e non hanno mai contestato l'imposta, che è una costante nei luoghi di villeggiatura». Chi non nasconde l'irritazione è Michele Costa, sindaco di Falcade: qui la tassa è in vigore dal 2012 e garantisce tra i 110 e i 120 mila euro. «Se la levano - sbotta - me li danno loro i soldi per mantenere gli uffici turistici e la pro loco?».
Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 13:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA