Vallanzasca, il direttore del carcere: «È cambiato, merita la libertà». No del Pg

Martedì 17 Aprile 2018
Vallanzasca, il direttore del carcere: «È cambiato, merita la libertà». No del Pg
Renato Vallanzasca merita la libertà vigilata. Il protagonista della mala milanese e condannato a 4 ergastoli e 296 anni di carcere, che ha già passato in cella oltre 40 anni e a cui è stata revocata la semilibertà nel 2014, ha avuto un «cambiamento profondo», «intellettuale ed emotivo», «non potrebbe progredire con altra detenzione» e dunque si ritiene che «possa essere ammesso alla liberazione condizionale», ossia possa concludere la pena fuori dal carcere. Lo scrive l'equipe di osservazione e trattamento del carcere di Bollate in una relazione depositata dalla difesa al Tribunale di Sorveglianza che deve decidere. 

Vallanzasca non può riottenere la semilibertà e men che meno può avere la liberazione condizionale. È la richiesta formulata in udienza, davanti ai giudici della Sorveglianza, dal sostituto pg Antonio Lamanna. Se la direzione del carcere di Bollate parla di un «adeguato livello di ravvedimento» il codice impone, invece, che il ravvedimento sia «sicuro» e, per il pg, nel suo caso non lo è.

Il cambiamento di Vallanzasca, scrive invece Massimo Parisi, direttore dell'equipe del carcere, «evidenziato anche dall'anonimato degli ultimi anni (non ha consentito nessuna intervista), appare di un livello tale (tenuto conto della persona, della sua storia e del contesto) che non potrebbe progredire con altra detenzione, che potrebbe, di fatto, al contrario sollecitare una nuova chiusura dello stesso». Si tratta, si legge nella relazione, «di un cambiamento profondo, non solo anagrafico, ma intellettuale ed emotivo, frutto di una sofferenza che, seppur non evidenziata, nei colloqui con gli operatori che da anni lo seguono, sa emergere in modo autentico e non sovrastrutturata».




Gli operatori di Bollate «prendono atto che dopo una revoca» della semilibertà per una condanna per rapina impropria (semilibertà chiesta di nuovo in subordine rispetto alla liberazione condizionale dal legale Davide Steccanella) «ipotizzare una misura più ampia di quella revocata», ossia la liberazione condizionale (la pena si sconta fuori dal carcere e non si rientra a dormire in cella) «potrebbe sembrare un anomalia trattamentale». Anche alla luce «del principio dell' individualizzazione del trattamento, non si riesce a cogliere», però, a detta degli operatori, «la percorribilità/sostenibilità di un percorso graduale (esempio permessi, lavoro all'esterno, semilibertà) che, tenuto conto dei tempi e dell'età del soggetto, rischia, di fatto di essere irrealizzabile».

Secondo il carcere, dunque, ci sono «le condizioni (nonché la necessità da un punto di vista andragogico) di sostenere un ulteriore sviluppo del percorso del soggetto, ravvisando anche un adeguato livello di ravvedimento, tenuto conto del percorso di mediazione penale, vista la rete esterna (lavoro, volontariato, affetti)» e si ritiene «che il soggetto possa essere ammesso alla liberazione condizionale (o in subordine alla semilibertà)». La decisione, dopo l'udienza di oggi, spetterà ai giudici della Sorveglianza (presidente Corti, relatore Gambitta).

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Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 09:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA