Migranti, agenti italiani sulle navi Ong

Martedì 4 Luglio 2017 di Marco Conti e Cristiana Mangani
Migranti, agenti italiani sulle navi Ong
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ROMA Si punterà principalmente all'approvazione di un codice di condotta per le ong: nessuna violazione delle acque territoriali libiche, transponder sempre accesi, ufficiali di polizia giudiziaria a bordo, trasparenza nei finanziamenti e sulle liste del personale. Sono solo alcune delle regole che l'Italia ha messo a punto e che illustrerà all'incontro tra i ministri di giovedì a Tallin, in Estonia. Una sorta di protocollo stipulato su un mandato europeo, forse l'unica certezza di una trattativa che parte tutta in salita. Il responsabile del Viminale mira a regolarizzare soccorsi che non sempre seguono le regole stabilite. E a confermarlo è stata anche l'indagine della Commissione difesa presieduta da Nicola Latorre, dalla quale è emerso come le acque territoriali libiche vengano puntualmente violate dalle navi delle organizzazioni non governative che si posizionano intorno alle 12 miglia, in attesa della richiesta di intervento. Ma c'è anche chi ha raccontato di averne tracciato il percorso fino a due miglia. Solo allora è partito l'Sos alla Guardia costiera, e a 20-25 miglia è avvenuto il consueto trasbordo dei passeggeri.

TRASBORDO VIETATO
Il nuovo codice potrebbe arrivare a decidere di vietare il passaggio da una nave all'altra. Una ratio estrema e di non facile attuazione, che vorrebbe dire per le imbarcazioni delle ong viaggi più lunghi e costosi, visto che dovranno raggiungere i porti dove si trovano gli hotspot. Sarà imposto anche il divieto di spegnere il transponder, il sistema per la localizzazione. Non potranno poi fare telefonate o inviare segnalazioni luminose per avvertire della loro presenza e quindi favorire l'imbarco dei migranti sui gommoni. Nessun conflitto sarà ammesso con la Guardia costiera libica, e dovranno accettare la presenza di ufficiali di polizia giudiziaria italiani, qualora ci siano in corso indagini sui trafficanti di esseri umani. Un aspetto che non viene visto di buon grado dalle organizzazioni umanitarie. Ma non è tutto perché l'altro aspetto sul quale l'Italia intende puntare è la trasparenza nei finanziamenti, oltre che l'ufficialità delle liste del personale di bordo. Senza contare, comunque, che Minniti continuerà a insistere per ottenere aiuti che servano a migliorare le condizioni dei centri di detenzione per i migranti in Libia.

LA TELEFONATA CON TRUMP
Tutto questo mentre, ieri, Paolo Gentiloni ha riparlato dell'orgoglio «per la straordinaria umanità di tanti italiani», e lo ha fatto al telefono con Donald Trump per una ventina di minuti, proprio sulle questioni migranti, Libia e non solo. A breve i due si incontreranno al G20 di Amburgo insieme ai leader dei principali paesi europei. A loro, e segnatamente a Francia, Germania e Spagna, l'Italia guarda nella speranza che, dopo le misure che la Ue adotterà al vertice di Tallin, il moto di comprensione si trasformi in gesti concreti. Sulle possibilità che porti non italiani accolgano le navi delle Ong, a palazzo Chigi nessuno si fa illusioni ma la messa in discussione dell'automatismo, secondo il quale tutti i migranti devono finire nei nostri porti, resta un punto fermo che costringe Bruxelles e guardare altrove. La condivisione del problema migranti è «necessaria all'Italia per evitare che la situazione diventi insostenibile e alimenti reazioni ostili», ha sostenuto ieri Gentiloni nel discorso tenuto alla Fao. C'è quindi da aspettarsi che il ferro continui ad essere battuto dal premier anche al G20 di fine settimana. 35 milioni di euro è la cifra che arriverà da Bruxelles per gestire i flussi. 42 milioni vengono destinati per i progetti italiani in Libia che dovrebbero servire anche ad offrire un maggior sostegno logistico alla guardia costiera libica e del centro di coordinamento operazioni di Tripoli. Molto più denaro servirebbe per istituire, ampliare e rendere più sicuri e controllati i campi in Libia e Tunisia. Una soluzione, quella del blocco dei migranti prima che si imbarchino, che piace a Bruxelles perché simile a quella adottata in Turchia per frenare l'ondata-baltica e perché potrebbe funzionare come potente deterrente. Tra le idee, quella di contribuire ad organizzare un'area di soccorso e salvataggio (Sar) proprio per la Tunisia, paese con il quale l'Italia sta già lavorando per facilitare i rimpatri.
 

Ultimo aggiornamento: 10:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA