Messina, spari contro il presidente del Parco dei Nebrodi: salvo grazie alla scorta

Mercoledì 18 Maggio 2016
Giuseppe Antoci

Stava dormendo sul sedile posteriore dell'auto, una Lancia Thema blindata.

Era appena passata l'una di notte, buio pesto nella strada provinciale tra i comuni di Cesarò e San Fratello, nel messinese. Dietro, a bordo di un'altra auto, il vice questore Davide Manganaro, commissario a Sant'Agata, che stava rientrando con un collega dopo una cena, proprio in compagnia di Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi. All'improvviso la blindata del dirigente rallenta perchè l'agente di scorta alla guida vede dei massi piazzati sull'asfalto proprio in traiettoria e una vettura messa di traverso. Antoci si sveglia. È un attimo. Poi il caos.
 
Si sentono diversi colpi d'arma da fuoco, tre vanno a segno forando lo sportello posteriore sinistro della blindata. Il vice questore Manganaro risponde subito al fuoco, anche i due agenti di scorta sparano. Gli attentatori, «4 o 6» racconterà poi Antoci agli investigatori, fuggono in auto. Uno di loro sarebbe rimasto ferito, ci sono tracce di sangue per terra. Nel luogo dell'agguato verranno poi ritrovate due molotov. La banda armata, secondo gli investigatori, non avrebbe avuto il tempo di lanciarle, proprio per la prontezza di reazione dei poliziotti. «È probabile che volessero incendiare l'auto obbligandoci a scendere», dice Antoci. «So chi mi vuole morto, sono salvo grazie agli agenti», afferma, anche se «è stata un'esperienza bruttissima e un momento molto delicato per tutti, sia per me che per i ragazzi della scorta che ringrazio così come tutta la polizia e il questore che si sono messi subito a disposizione. Se non fosse stato per loro sarei morto».

Per il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta che ha voluto Antoci alla guida dell'Ente Parco, il movente dell'agguato fallito «sta negli affari del clan dei Tortoriciani, alleati con i clan Santapaola di Catania», per la gestione dei terreni, concessi in passato da alcuni enti pubblici senza gara e senza controlli, destinati a pascolo che fruttano centinaia di milioni di euro alla mafia grazie ai contributi comunitari. «La mafia - sostiene Crocetta - ha alzato il tiro perchè il Parco dei Nebrodi sta applicando il protocollo di legalità siglato con la Prefettura di Messina a marzo del 2015 e dunque ha cominciato a revocare concessioni rilasciate in modo allegro, così come sta facendo l'Ente di sviluppo agricolo». Una chiave di lettura condivisa da Antoci, perchè «questa esperienza traumatica mi ha dato la conferma che quello che abbiamo toccato sono interessi enormi». «Cosa nostra si finanziava con i fondi europei, dopo che li abbiamo messi in difficoltà ha reagito», insiste, «siamo certi che questo attentato viene dalle persone alle quali abbiamo fatto perdere un affare milionario».

Un business da centinaia di milioni di euro, sostengono Crocetta e il senatore del Pd Beppe Lumia che ha presentato un'interrogazione parlamentare, messi a rischio dalle revoche delle concessioni e dalla stretta messa a punto dal protocollo di legalità. Una situazione incandescente, tanto che per il governatore Crocetta «alla mafia che alza il tiro lo Stato deve reagire in modo adeguato, non farlo significherebbe dare il via libera a una nuova stagione stragista». Come primo atto, il comitato per l'ordine e la sicurezza, come ha riferito il ministro dell'Interno Angelino Alfano, «ha potenziato la scorta». Crocetta invoca l'invio dell'esercito nei comuni del Parco dei Nebrodi, che insiste sui territori di Messina, Catania ed Enna, «e perquisizioni a tappeto nelle campagne come ai tempi del sequestro Moro e dei Vespri siciliani». E annuncia che sabato prossimo, insieme con il senatore Lumia, sarà a Cesarò e a Tortorici: «Faremo nomi e cognomi dei mafiosi in piazza». Solidarietà ad Antoci da esponenti delle istituzioni e della politica. A cominciare dal premier Matteo Renzi.

Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 22:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA