Ha lasciato delle tracce sul corpo della vittima. Chi ha ucciso il ginecologo beneventano Stefano Ansaldi potrebbe aver lasciato una sorta di firma involontaria, destinata ad essere decisiva nella ricostruzione del giallo.
Indagine condotta dal pm Adriano Scudieri, si lavora sull'asse nord-sud. Ieri mattina sono stati i carabinieri del nucleo investigativo di Napoli (in forza al comando provinciale del generale Canio Giuseppe La Gala) a condurre alcuni interrogatori a Napoli. Sono stati ascoltati i parenti e gli stretti collaboratori dello specialista beneventano, con studio a Napoli. Tutti hanno ricevuto dal medico la stessa versione, tra venerdì e sabato mattina: «Vado a Milano, devo incontrare delle persone, ci sono dei motivi di lavoro in ballo». Un business legato alle imprese sanitarie? Una pista professionale dietro il delitto? Nessuna pista è esclusa, si va dal movente predatorio (una rapina andata male), al raptus di violenza con qualcuno che la vittima conosceva bene, con cui potrebbe aver dialogato, discusso, litigato. Fino a quella coltellata alla gola.
Da questo punto di vista, le cose potrebbero essere andate così: la vittima ha sfilato l'orologio da polso, lo ha chiuso tra le sue mani e lo ha provato a consegnare al suo interlocutore. Magari dicendogli: «Prendi questo e facciamola finita», nell'ipotesi di un impegno non mantenuto, di una promessa saltata, di una speranza frustrata.
Un gesto che non gli ha salvato la vita, ma che potrebbe aver indispettito l'aggressore, forse al termine di un diverbio acceso.
Si scava nel mondo professionale del professionista di origini beneventane. Inseminazioni, interventi di ginecologia, operazioni di ricostruzione che - secondo il racconto di tante pazienti - il medico conduceva in alcuni momenti addirittura con animo da filantropo, non badando agli incassi, ma alla speranza della donna (o della famiglia) che aveva di fronte. Restiamo al mondo delle inseminazioni artificiali. Una realtà complessa, per molti versi esasperata, dove girano soldi che alimentano speranze ed egoismi, rispetto alla quale il professionista campano aveva mantenuto la schiena dritta.
Sabato scorso in via Vacchi, il ginecologo potrebbe aver subìto un'aggressione da parte di qualcuno rimasto deluso per un «no» da parte dello specialista. O da qualcuno che in questi anni potrebbe essere rimasto affranto per aver seguito una terapia poi non andata a buon fine. Una pista buona assieme ad altre. Restiamo ai fatti. Ansaldi è stato ucciso poco dopo le sei di sabato sera. Era sceso dal treno da Napoli un'ora e mezza prima, tempo trascorso a girare per la stazione meneghina. Poche immagini a disposizione: alle 17.55, si nota Ansaldi affrettarsi con passo spedito verso la sede del sindacato dei medici, come se avesse premura di incontrare qualcuno. A passo spedito verso un uomo che conosceva (forse), che lo aspettava con le mani fasciate dai guanti anticovid e un coltellaccio da cucina pronto ad essere impugnato. Lo stesso uomo che si è allontanato dal corpo ancora caldo di Ansaldi, con passo lento e sangue freddo.