Carceri, piano per i tossicomani. Delmastro: «Il giudice potrà affidarli alle comunità, così svuotiamo le celle»

Il sottosegretario alla Giustizia: «Così facciamo risparmiare lo Stato e diamo loro un'altra possibilità»

Lunedì 13 Marzo 2023 di Francesco Malfetano
Carceri, piano per i tossicomani. Delmastro: «Il giudice potrà affidarli alle comunità, così svuotiamo le celle»

Risolvere il sovraffollamento carcerario italiano spostando i detenuti tossicodipendenti, in strutture private a loro dedicate. È questa l’idea lanciata dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro.

Un’iniziativa «condivisa» dal governo e, soprattutto dal ministro Carlo Nordio, che nasce dall’intenzione «sempre rivendicata da Giorgia Meloni di raggiungere non solo la certezza della pena ma anche un’offerta di maggiori garanzie ai cittadini».

Sottosegretario Delmastro, qual è la situazione delle carceri italiane? Come pensa di affrontarla?
«Le carceri italiane sono ampiamente sovraffollate. Secondo gli ultimi dati - risalenti a febbraio - a fronte di una capienza regolare di 51.285, i detenuti sono 56.319. E di questi, stando alla relazione annuale al Parlamento, il 30% sono tossicodipendenti. Vale a dire che il sovraffollamento carcerario è risolvibile solo affrontando il problema delle dipendenze. Se poi si aggiunge che la legge di riferimento attuale è il dpr del 1990 in cui si indica che i tossicodipendenti dovrebbero stare in istituti idonei per programmi terapeutici e di riabilitazione, è chiaro che il sistema non funziona. Quella era l’epoca in cui si riteneva che lo Stato potesse fare tutto, e quindi si immaginarono strutture apposite che non sono mai state create. Intanto con diverse riforme abbiamo perso la sanità penitenziaria e quindi, per attivare quel tipo di strutture bisognerebbe attingere ai sanitari regionali. E oggi già siamo in difficoltà per i detenuti psichiatrici». 

 

Quindi?
«Serve un cambio di prospettiva. Dobbiamo comprendere che per un tossicodipendente che ha commesso reati legati all’approvvigionamento economico per procurarsi la droga, il fine rieducativo della pena non sta nel fatto che conosca a memoria la Costituzione o abbia partecipato ad un ottimo corso di ceramica. La priorità per loro è la disintossicazione. Per questo sto lavorando ad un provvedimento che immagina di coinvolgere il terzo settore, quelle comunità chiuse in stile Muccioli (San Patrignano ndr), per costruire un percorso alternativo alla detenzione».

 

Cioè? Comunità e non in cella?
«Con dei paletti. Ma voglio precisare prima che si tratta di una misura che permetterebbe una vittoria a tutto campo: per il detenuto, per il terzo settore e per lo Stato. Il primo può disintossicarsi in una struttura sicura e meno nociva di un carcere sovraffollato. Il secondo ne guadagna per indotto e investimenti. Il terzo invece si prende meglio cura dei cittadini e risolve il problema del sovraffollamento. E poi risparmia. Oggi la media del costo di un detenuto è 137 euro al giorno. Per un tossicodipendente, che in genere presenta difficoltà maggiori, è superiore. Con il provvedimento invece credo che si potrebbe spendere una cifra molto inferiore». 

Come funzionerebbe?
«Il giudice già in sentenza può sostituire i giorni di carcere indicati con un numero uguale presso una comunità protetta. Cioè se vieni condannato a due anni puoi scontarli tutti lì. Se poi impieghi 8 mesi a disintossicarti, per il tempo restante la comunità ti aiuterà a formarti e a trovare lavoro».

I paletti?
«Sarebbe una possibilità secca, non reiterata. Se commetti un reato e torni in carcere da tossicodipendente dopo aver scontato la pena in una struttura di questo tipo, devi affrontare l’iter normale».

E in caso di evasione?
«La comunità sarà controllata 24 ore su 24, se scappi hai bruciato la tua seconda possibilità e sarai perseguito per il reato di evasione. E lo Stato, come un buon padre di famiglia, non potrà più fidarsi. Su questo non transigo. Vede sono un giurista basico, incarno l’uomo medio. Ma è una posizione che rivendico perché è questa che ci fa prendere voti. È la classe media che tiene in piedi l’Italia». 

A che punto è questa iniziativa? Ne ha parlato con Meloni?
«Sto limando i dettagli ma c’è totale condivisione. Il ministro Nordio è d’accordo perché il testo va incontro alla sua cultura liberale. Però è un percorso da condividere con il terzo settore per comprendere appieno la capienza strutturale. E con le Regioni che hanno la delega alla Sanità e dovranno certificare le cooperative e controllarne la gestione. Con loro e con la magistratura di sorveglianza aprirò un tavolo di dialogo». 

Oggi non ci sarebbero i posti però. Le strutture private-convenzionate sono circa 800, con disponibilità in calo.
«Non è un aspetto che mi spaventa. Qualunque cooperativa, in presenza di accordi ben definiti con lo Stato, avrà l’interesse ad affittare o acquistare un immobile per mettersi al servizio. L’Italia, in provincia o poco fuori dalle città, è piena di strutture industriali o ex turistiche da riconvertire». 

Un dispositivo esiste già, la custodia attenuata, ma se ne fa un ricorso minimo: su 635 posti ne sono impegnati solo 340.
«Ci si fa poco ricorso perché c’è poca cultura in questo senso. Ma soprattutto sono così poche che se un detenuto accetta di risiedervi deve allontanarsi molto dalla rete familiare. Mentre con il nostro meccanismo in moto, immagino che più o meno accanto a ogni istituto penitenziario può nascere una struttura. E poi il padiglione della custodia attenuata è all’interno di un circuito carcerario che diciamo spesso essere nocivo. Per cui noi proviamo anche a tirartene fuori».

I tempi? Nordio dice che arriveranno ddl entro maggio.
«Vediamo. Il testo è in stesura e bisogna confrontarsi con gli attori in campo. Non è importante se lo realizziamo entro due o tre mesi, ma è una traccia del nostro governo che vogliamo lasciare». 

E cosa cambierà ora?
«Interverremo per conferire un abbrivio liberale alla giustizia immaginando di liberare le energie della Pa dalla paura della firma». 

Abuso d’ufficio e traffico di influenze?
«L’intervento si concentrerà su quelle norme che non consentono di sapere, a un politico o un dirigente, quali sono i confini esatti dell’illecito».

Ci sono distanze tra lei e il ministro. Ad esempio sulla modifica o l’abolizione dell’abuso d’ufficio.
«Siamo in piena armonia. C’è un dialogo costante e nei prossimi giorni definiremo i dettagli». 

Nordio pare determinato a modificare le norme per la carcerazione preventiva. Lei?
«La fotografia è condivisa. C’è n’è un uso statisticamente smodato e il tentativo è di offrire maggiori garanzie all’imputato e all’indagato. Come detto dallo stesso ministro Nordio anche per il tramite di una collegialità di decisioni sulla libertà personale».

Sui reati? Per la custodia Nordio propone di differenziare i reati, ad esempio quelli legati a spaccio e tossicodipendenza.
«Non mi risulta. Magari ne discuteremo in futuro, ma in questo momento sul punto sono concentrato sul testo che le ho illustrato».

Ultimo aggiornamento: 22:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA