Tommasi sindaco di Verona: «Abbiamo scritto una pagina di storia». Il trionfo dell'ex romanista

Sboarina (FdI) sperava nel patrimonio di consensi dell’ex leghista, passato in FI

Lunedì 27 Giugno 2022 di Mauro Evangelisti
Damiano Tommasi: «Abbiamo scritto una pagina di storia a Verona». Il trionfo dell'ex romanista

Sono le 23 a Verona quando Damiano Tommasi, alla chiusura dei seggi, capisce che la vittoria è possibile. L’affluenza è scesa di 7 punti rispetto al 12 giugno: una benedizione. I dati veri a mezzanotte spazzano via ogni dubbio. Con il 53,4 dei consensi è il nuovo sindaco di Verona.

Dopo 15 anni il centro sinistra conquista il Comune di una città tradizionalmente di destra. Poco dopo c’è la telefonata del sindaco uscente Sboarina, che gli fa i complimenti e ammette la sconfitta, mentre nel centro destra comincia la caccia al colpevole. Quando mezz’ora più tardi entra nel quartiere generale della sua alleanza chiamata Rete!, Tommasi ha la camicia celeste bagnata di sudore, sembra la casacca del Verona o della Roma quando dava tutto sui campi di serie A. Abbraccia moglie e figli, ascolta i cori «Damiano, Damiano» dei sostenitori con la maglietta gialla. Svicola quando gli chiedono di una parte dei suoi che sta cantando Bella Ciao e spiega: «È devastante l’entusiasmo che abbiamo mosso a Verona».

Aveva promesso che in caso di successo sarebbe andato in bicicletta sullo Stelvio. «Sono pronto», conferma. Il suo maestro di vita, ha sempre spiegato, è don Milani: ieri era il 55esimo anniversario della morte. «Penso non sia un caso, è parte della mia formazione». Per tutta la giornata il gioco più in voga a Verona è stato confrontare i dati dell’affluenza del primo turno con quelli che stavano raccontando l’andamento del ballottaggio. Tommasi partiva da un vantaggio di 40 a 32 sul suo avversario.

Il sindaco uscente, Federico Sboarina, uomo di Fratelli d’Italia alla guida di una coalizione di centrodestra con dentro la Lega, per rimontare doveva sperare di fare il pieno dei voti del grande nemico, Flavio Tosi, passato in Forza Italia che aveva conquistato il 23,9 per cento. Alle 12 primo intertempo dell’affluenza: più o meno simile a quella del primo turno, ergo i tosiani stanno andando a votare. Alle 19 però lo scenario muta: c’è un corposo meno 5 per cento rispetto a due settimane prima. Alle 23 si parla del 48 per cento, 7 punti in meno. E soprattutto, sogghignano maligni i sostenitori di Tommasi: «Gli elettori di Tosi stanno andando ai seggi, ma siete sicuri che voteranno Sboarina?». Morale: Tommasi ha preso 7.000 voti in più del primo turno, l’avversario 8.000, troppo pochi.

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MUSI LUNGHI

Nella Lega i musi si allungano, comincia la caccia al responsabile. Meloni, Zaia e Salvini rischiano di uscire con le ossa rotta. Da quindici anni nella città dell’Arena governa, senza se e senza ma, il centrodestra. Sboarina un anno fa ha aderito a Fratelli D’Italia, facendo uno sgarbo alla Lega. Giorgia Meloni ha spinto per la sua ricandidatura, malgrado da Verona in molti le facessero notare che il sindaco uscente non è molto amato. Zaia si è speso per Sboarina. E l’addio a un feudo veneto come Verona, città cattolica e di destra per antonomasia, è una macchia anche per Salvini che prima del voto è corso a iscriversi al partito delle mani avanti, rimproverando a Sboarina di avere rifiutato l’apparentamento offerto da Tosi: «Sbaglio clamoroso». Così il centrosinistra, che cinque anni prima neppure era si era affacciato al ballottaggio (Sboarina vinse proprio contro la moglie di Tosi), ha potuto beneficiare della forza tranquilla e unificante di Tommasi. Ciò che ha funzionato davvero è il profilo del candidato, non certo un pericoloso estremista, ma un cattolico rassicurante anche nella conservatrice Verona, amato e stimato da tutti, che ha promesso rinnovamento e una città più aperta, più solidale. Immune dai virus litigiosi di un centrodestra sazio e infelice. E diviso.
 

Ultimo aggiornamento: 16:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA